Mercoledì 7 Settembre 2011 - Libertà
«Storie terribili di cui non ti scordi più»
L'avvocato Donatella Scardi di Telefono rosa racconta la sua lunga esperienza
«Il caso che mi ricordo di più ce l'ho ancora davanti, una donna picchiata con gli anfibi dal marito. Massacrata di botte. Sono cose che non dimentichi, come le tante donne incinta picchiate, passate di qui. Non ti scordi più i loro bambini, alcuni hanno solo tre anni, ti dicono in faccia che papà è cattivo. Tu provi a dirgli che, forse, è solo nervoso, per calmarli. Ma loro ti guardano da adulti. E quegli occhi te li porti con te nei giorni, nei mesi dopo. Sono con te mentre fai la spesa, mentre leggi un libro. Ogni giorno». Donatella Scardi è presidente del "Telefono rosa Piacenza". In undici anni di servizio volontario, l'avvocato ha visto passare davanti a sé centinaia di casi segnalati all'anno.
Il 25 novembre sarà la giornata nazionale contro la violenza alle donne. Intanto, la Provincia apre un tavolo permanente. Cosa chiedete perché il tavolo non si riduca a un contenitore vuoto?
«Per novembre stiamo pensando di organizzare un convegno, in grande. Quello che chiediamo al tavolo provinciale è che non ci si fermi a un opuscolo. Certo, anche quelli servono, ma non bastano. Una donna picchiata deve trovare un'accoglienza adeguata negli ospedali, al pronto soccorso. La rete deve attivarsi subito, non può ritrovarsi da sola in un corridoio a leggere informazioni su un lettino».
Il "Telefono rosa" si regge esclusivamente sulle gambe del volontariato...
«Sì, contiamo circa dieci volontarie, partirà un corso di formazione alla fine dell'anno. Certo, un tempo le forze erano maggiori, oggi si vive con due lavori, la crisi lascia poco tempo libero. Noi andiamo avanti, a volte queste donne arrivano da noi e non hanno nulla, neppure lo shampoo. Un grazie dobbiamo dirlo alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, al Comune e alla Provincia».
La donna che chiama il "Telefono rosa" è la stessa del 2000, quando è cominciata la vostra avventura?
«No, prima le vittime avevano timore a farsi vedere dall'operatrice, oggi chiedono accoglienza, telefonano, chiedono di incontrarci di persona. Hanno capito che si possono fidare, si creano legami. Il più delle volte tornano anche solo a dire come sta andando la loro situazione, è molto bello».
Sono vittima di violenza, chiamo il vostro numero. Cosa succede?
«Prendiamo un primo contatto con la donna, cerchiamo di incontrarla, anche fuori dagli orari del "Telefono rosa". Le donne sono tutte bravissime a sentirsi in colpa. La donna viene ospitata nelle nostre strutture, se necessario fuori provincia, per farla sentire sicura. L'ultimo caso grave? Solo poche settimane fa».
Malac.