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Mercoledì 16 Novembre 2011 - Libertà

"Macbeth", quel fosco Shakespeare che piaceva tanto al Cigno di Busseto

In Fondazione successo per l'avvio del ciclo su Verdi e il Risorgimento a cura della Tampa. Protagonisti Bussi, Romanò, Jung Hoon Chae e il coro Terre Verdiane

piacenza - «Fa bene Lady Macbeth perché è cattiva». Così si diceva di Maria Callas. Con Paola Romanò però la regola non vale: lei è una perfetta Lady Macbeth, cattiveria a parte. Lo ha dimostrato l'altra sera all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per il primo appuntamento della rassegna Verdi e il Risorgimento organizzata dalla Tampa Lirica in collaborazione con la Fondazione, la Regione Emilia Romagna e il conservatorio "Nicolini": il ciclo di incontri, che quest'anno ha tagliato il traguardo della decima edizione come ha evidenziato la presidente del sodalizio Carla Fontanelli, si è aperto con Macbeth, la tragedia giovanile di Verdi in cui i personaggi raggiungono il potere con il delitto e l'annullamento della libertà del popolo scozzese. Ma Macbeth è anche il lavoro che più di tutti si porta addosso una triste quanto sciagurata fama: ben lo ha ricordato all'inizio dell'incontro il musicologo Francesco Bussi, chiamato a introdurre l'ascolto delle arie d'opera eseguite brillantemente dal soprano Romanò, dal baritono Jung Hoon Chae e dal coro Terre Verdiane magistralmente diretto e accompagnato al pianoforte da Corrado Casati.
«Quest'opera, come anche la tragedia shakespeariana dalla quale è tratta, ha fama di portare iella» ha spiegato Bussi prima di soffermarsi sulla storia e sulle caratteristiche musicali che fanno di Macbeth una delle perle della stagione giovanile di Verdi che fu contraddistinta, alle volte, da lavori «un po' traballanti e mossi dall'ansia tutta donizettiana di comunicare indipendentemente dall'esito».
Del resto che il "cigno di Busseto" avesse un occhio di riguardo verso la messa in scena della perfida coppia di sovrani lo si comprende bene dalla doppia versione dell'opera: la prima composta a Firenze nel 1847 e la seconda che reca la dicitura "Parigi, 1865". Che cosa sia cambiato nel giro di quasi vent'anni è presto detto: «Nella seconda versione Verdi aggiunge delle danze, introduce una Fuga per la scena della battaglia finale, cambia la cabaletta affidata a Lady Macbeth con un'aria di atmosfera spettrale come La luce langue e rifà il "coro degli oppressi" all'inizio del quarto atto» ha spiegato Bussi, «in breve riesce a dare unità stilistica al lavoro cospargendo cabalette, cavatine, danze e preludio con una "tinta" plumbea».
A dimostrarlo sono state le arie mirabilmente eseguite dai cantanti: il duetto Fatal mia donna e l'aria finale di Macbeth della prima versione, ma soprattutto la seconda e la terza aria della Lady eseguita da Romanò con tutta la perversione, il dramma e la follia necessari. Ottima anche la performance del coro Terre Verdiane che dopo lo spettrale "coro delle streghe" ha chiuso in bellezza con Patria oppressa nella duplice versione: un'aria per coro la prima, più dolorosa e afflitta la seconda, ma entrambe eseguite con forza e talento dai bravi cantanti della formazione corale piacentina.

Betty Paraboschi

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