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Domenica 20 Novembre 2011 - Libertà

«L'uomo post-moderno esibisce ma non comunica»

In Fondazione interessante incontro con il pedagogista Benasayag coadiuvato da Giorgi e Rossi

piacenza - L'uomo senza qualità abita la post-modernità. Ne è convinto Miguel Benasayag, filosofo e pedagogista che l'altra sera è stato protagonista di un seguito incontro all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano intitolato L'epoca delle passioni tristi e condotto da Daniela Giorgi e Giorgia Rossi: il personaggio di musiliana memoria rappresenta il modello umano della contemporaneità con la sua assenza di territorialità e di radici compensate però da una massima flessibilità che si vorrebbe assimilare alla libertà. Ma avverte il pedagogista: «In realtà siamo di fronte a uno schiavo come lo intendeva già Aristotele, ossia un individuo usato secondo i bisogni del proprio padrone. Diverso è l'uomo libero che ha delle radici e possiede il suo destino». Ecco lo scarto allora: l'esperienza viene rigettata in nome dell'informazione, di una comunicazione che, come in un qualsiasi social network, si rivolge a tutti e quindi a nessuno. Del resto, lo chiarisce Benasayag, «la memoria fa sì che le nostre radici siano nel passato», in un mondo che ancora non era virtuale e nel quale la libertà non si risolveva in una costruzione dell'impotenza: «L'uomo moderno era caratterizzato da un amore verso la sua interiorità» ha spiegato il filosofo, «al contrario quello post-moderno è convinto che sia necessario mostrare tutto: in Facebook costruisce il proprio Io come un prodotto di vendita, comunica continuamente e nel contempo però riesce sempre meno a entrare in comunicazione con se stesso e il mondo».
Ma com'è questa realtà tratteggiata da Benasayag? Non a caso il titolo dell'incontro e quello del libro che il filosofo ha scritto a quattro mani con Gérard Schmit parla di un'"epoca delle passioni tristi": «Chi vive in questi periodi oscuri non riesce a vedere un orizzonte, non ha fiducia nell'avvenire - ha chiarito -, il futuro viene visto come minaccia, definizione di come ci muoviamo adesso e dunque fonte di negatività. Il problema nasce dal fatto che non riusciamo a gestire il rapporto con il negativo, ci sentiamo minacciati».
Non va meglio neppure sul piano affettivo, dove le relazioni hanno finito per trasformarsi in surrogati di scambi monetari grazie all'utilitarismo e all'economicismo che sono diventati parte integrante della società: da qui deriva anche il nuovo approccio della "pedagogia delle competenze" che invece di trasmettere cultura come in passato insegna l'"utile" definito dalla macro-economia.
Eppure un modo per salvarsi c'è: «La sfida per l'educazione è di scegliere fra il rendere sempre più flessibili i bambini affinché sopravvivano o resistere a questa tendenza capendo che il ruolo dei genitori è di strutturare i figli alla vita» ha concluso Benasayag. Mentre riguardo alla temperie minacciosa della post-modernità la chiave per uscirne è capire che «questa trasformazione non è una crisi, ma una mutazione profonda di ogni aspetto della vita»: «Occorre vedere le nostre responsabilità - ha aggiunto il filosofo - e considerarle gioiose perché rappresentano la possibilità di agire nella nostra società».

Betty Paraboschi

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