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Lunedì 21 Novembre 2011 - Libertà

«Dai costumi alla regia, ecco "I Lombardi" tradizionali»

piacenza - Dopo Nabucco, Temistocle Solera sollecitò Verdi a ripeterne il successo con I Lombardi alla prima Crociata, opera altrettanto affidata agli interventi delle masse corali. Il successo si confermò alla Scala nel febbraio 1843 con numerose riprese. Nel Novecento l'opera uscì dal repertorio anche per l'impegno che la produzione richiede. Al Municipale si ricorda la coproduzione con il Teatro di Modena del dicembre 1995. Secondo appuntamento della stagione lirica I Lombardi sono proposti nella sperimentale collaborazione della Fondazione dei Teatri con gli Amici della Lirica giovedì e sabato preceduti martedì dalla prova aperta pomeridiana per studenti e ospiti delle case di riposo. L'Orchestra Filarmonica Italiana è diretta dal maestro Gioele Muglialdo, il Coro del Municipale dal maestro Corrado Casati. Cantano il tenore Alessandro Fantoni (Arvino), il basso Andrea Patucelli (Pagano, poi Eremita), i soprani Stefania Ferrari (Viclinda) e Stefanna Kybalova (Giselda), il tenore Ivan Magrì (Oronte), il basso Davide Baronchelli (Pirro), il soprano Francesca Paiola (Sofia), il basso Daniele Cusani (Acciaro), il tenore Matteo Monni (Priore).
«Tristi sono le armi per l'uomo che versa lacrime, mentre la guerra incendia tutto» canta il poeta arabo Mussafer Allah Werdis che nel personaggio di Giselda, vittima del dramma familiare e poi politico-religioso della Crociata, trova corrispondenza. «Mi preme mettere in evidenza le situazioni e i personaggi», dice Alessandro Bertolotti, mente di tutta quanta l'operazione. Ha chiamato a sé giovani cantanti, conta sul Coro del Municipale. Non nuovo a imprese di messa in scena, è guidato dalla grande passione. Si ricordano le edizioni a Palazzo Farnese di Le Villi, Lucia, Oberto e la più recente Traviata al President. «Mi sono preoccupato di rendere il racconto piano, comprensibile. Il libretto è a quadri che si susseguono con salti spazio-temporali. Mi affido alle proiezioni che, come in un film, pongono gli attori-cantanti in situazione e così dare risalto agli stati d'animo, per arrivare diretti allo spettatore». Artemio Cabassi, più volte costumista nelle produzioni della Fondazione Toscanini, si è impegnato a risolvere la complessità della vicenda, fornendo un impianto scenico fisso che di volta in volta diviene piazza S. Ambrogio a Milano, poi reggia di Antiochia, poi deserto campo di battaglia. Anche i costumi hanno una base fissa con elementi che ne distinguono i ruoli. «Si è preferito stare nella tradizione - dice Cabassi -, si deve far fronte a cambi veloci e bisogna mettere gli artisti in condizione di prepararsi senza creare patemi».
Altro contributo spettacolare è dato dalla coreografia di Giuseppina Campolonghi che impegna otto scelte allieve dell'Accademia "Domenichino" nella scena iniziale con le Vergini al seguito del corteo sacerdotale. «Più impegnativa - dice la coreografa - è la scena nella reggia di Antiochia, dove le odalische ballano incitate dal coro per divertire la triste Giselda, prigioniera cristiana. La disposizione dello spazio scenico, diviso in più piani, ci costringe nello stretto, incalzate dalla musica energica, ma questo non ci impedirà di essere all'altezza della situazione».

Gian Carlo Andreoli

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