Sabato 18 Giugno 2011 - Libertà
«Liberiamo la grande anima di Piacenza»
Morpho sostiene il super-concerto di Muti al Municipale
di PATRIZIA SOFFIENTINI
la nota che prevale è "passione". Per la propria città, per la musica e la cultura, per i mondi sofferenti che si intrecciano invisibili e silenziosi ai nostri in attesa che si accenda un riflettore umanitario, che si espandano i confini della comune consapevolezza. Su questa spinta Marco e Gianni Rispoli hanno scelto di sostenere con un gesto molto generoso il super-concerto del prossimo 6 luglio a Teatro Municipale, l'evento è un'anteprima nazionale de "Le Vie dell'Amicizia 2011", già portate in tutto il mondo da Ravenna Festival e dal maestro Riccardo Muti. Quest'anno toccano Piacenza (che promuove la cordata umanitaria collegata), Ravenna e il 9 luglio Nairobi (Kenya), regalando una festa dell'amicizia e del dialogo fra popoli. Marco Rispoli nella vita è docente di inglese al liceo "Gioia", ha lavorato all'università di Reading in Inghilterra e nella sua storia personale c'è una lunga militanza come volontario, dal servizio civile a strutture psichiatriche. Morpho Real Estate è invece l'immobiliare di cui i fratelli Rispoli sono titolari che opera in tutto il Nord Italia e il cui nome è inscindibilmetne legato alla squadra del volley Copra-Morpho che ha vinto lo scudetto 2008-2009 e al Copra-Morpho Bakery (basket) portato fino agli spareggi per la serie A.
Professore, perché ora la musica?
«Dopo grandi successi maturati in campo sportivo si è pensato al versante culturale, tasto un po' dolente di questa città che, a mio parere, ha una posizione molto inferiore rispetto a quella che meriterebbe nel panorama culturale nazionale. E' nato un contatto con la Fondazione Teatri, ma non volevamo intervenire sostenendo a "pioggia", bensì legando il nome di Morpho ad un evento significativo. Questo concerto così importante per la città e non solo ci è sembrato l'occasione che aspettavamo da tempo e immediatamente abbiamo dato il nostro contributo. Ci sembra giusto che la città abbia visibilità maggiore in un ambito dove è rimasta offuscata».
E c'è la spinta umanitaria.
«La bellezza e l'importanza di questo appuntamento nasce dal fatto che unisce un evento ad altissimo livello culturale e musicale ad una idealità umanitaria altrettanto elevata, così si coniugano le componenti fondamentali del nostro interesse verso Piacenza».
Conosce la dottoressa Francesca Lipeti, fra i dedicatari del concerto?
«Non personalmente, ma la seguo sul giornale, ho visto gli innumerevoli e meritatissimi premi che ha avuto. E il nascere di una catena di solidarietà. E' una storia piacentina. Come già avvenuto per tanti altri ambiti, Piacenza fa fatica a mettersi in moto ma quando succede è una diga che si apre con successo, la stessa cosa è avvenuta nel basket, nel volley e ora si sta trasferendo in ambito culturale e umanitario. E' una modalità piacentina, partire molto cauti all'inizio, poi mollare gli argini. E' quello che ci auguriamo possa accadere con il nostro contributo per far sì che questo argine un pochino si sgretoli e che la grande anima di Piacenza venga fuori».
Le Vie dell'Amicizia creano anche alleanze internazionali.
«E' la grande intuizione del maestro Muti di creare ponti tra culture diverse, dalle repubbliche martoriate dell'ex Jugoslavia a Israele ed Egitto. E' un bellissimo messaggio: quando è più forte la tendenza ad erigere barricate e a difendersi da chi viene da fuori, ecco che ci si muove in maniera diametralmente opposta, lanciando collegamenti per scoprire che siamo molto più simili di quanto ci si immagina, solo quando non ci si parla nascono le differenze, conoscendoci scopriamo di avere molto in comune, questo ci sta a cuore».
Vi piace il "gioco di squadra".
«Nello sport e nella cultura, esperienze in apparenza lontane, vedo una matrice comune, quella di creare ponti tra culture e persone. Nel volley ci sono giocatori di tantissime nazionalità e questo ha fatto nascere un legame nuovo con Piacenza, non si erano mai visti tanti stranieri qui per giocare ad alto livello. Esperienze di questo tipo ci fanno bene, aiutano a togliere remore e ritrosie».
Lei è anche un volontario, la gratuità è la grande risorsa dei nostri giorni post-crisi.
«Per me non è sorprendente che Piacenza abbia tante forze sotterranee, è la foresta che cresce e non fa rumore, ma c'è. Siamo all'opposto dei cugini di Parma, magnifici promotori di se stessi, noi si fa tutto in cantina, ma sotto terra c'è tanto fermento, mi fa piacere esserne una piccola parte».
La raccolta umanitaria legata al concerto punta anche a mandare a scuola i bimbi più poveri delle baraccopoli, con la mediazione missionaria. Giovani a volte sviati dai nostri modelli iper-consumistici.
«Il tema di quanto la civiltà occidentale possa aiutare e di quanto sia corruttrice attraversa tre secoli della nostra cultura da Rousseau in poi. E' fondamentale che l'incontro tra questi ragazzi e il mondo occidentale sia filtrato da persone, come i missionari, che garantiscano solo il passaggio di valori che non siano corruttori, se subentrano mediatori moralmente inaffidabili il risultato è la distruzione, perché questi giovani non hanno anticorpi. Noi, nel bene e nel male, siamo nati in questa civiltà e sappiamo affrontarne gli aspetti negativi, un ragazzino kenyano che viene sbalzato nel mondo occidentale e guarda a certi modelli non ha anticorpi, deve essere protetto, i missionari lo sanno».