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Domenica 29 Maggio 2011 - Libertà

«Cuore a rischio, servono controlli precoci»

Prevenzione: in Fondazione le sfide della cardiologia contro le recidive dell'infarto

La prevenzione? Assicura uno stato di salute migliore rispetto alla cura stessa, quindi la nuova sfida è quella di implementare i processi preventivi nei pazienti affetti da disturbi cardiaci. Questo il quadro previsto per l'immediato futuro da parte dei cardiologi piacentini, che ieri mattina hanno presentato le proprie riflessioni ai colleghi dell'Emilia Romagna intervenuti al workshop dal titolo "La prevenzione: la sfida della cardiologia del futuro", tenuto all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. L'incontro è servito per dibattere un tema venuto a galla di recente all'interno del mondo della cardiologia: nelle ultime decadi i medici hanno imparato a prescrivere farmaci correttamente seguendo le linee guida, ma hanno fallito nell'esercitare un'efficace azione di prevenzione secondaria nelle persone che hanno subito un evento ischemico acuto. I pazienti, anche sopravvissuti a infarto del miocardio, sono sempre più ad alto rischio di recidiva. Ecco perché c'è la necessità di un processo innovativo, che tenga maggiormente conto di ciò che si può fare per evitare i problemi di cuore prima che avvengano, questa la tesi dei dottori della Ausl di Piacenza, che nella mattinata hanno confrontato le proprie esperienze con quelle dei colleghi di Bologna, Parma, Reggio, Rimini e Ferrara. «Pochi di noi si sono dedicati veramente al paziente in questi anni, a livello preventivo abbiamo ottenuto risultati solo nel fumo, è troppo poco. Serve un cambio di rotta e dovremo farlo tutti insieme, altrimenti non avremo miglioramenti proporzionati all'impegno», ha ammonito il presidente dell'Ordine dei Medici di Piacenza Giuseppe Miserotti, che ha aperto il workshop insieme al direttore del Reparto di Cardiologia dell'Ospedale Giovanni Quinto Villani. Il primo obiettivo fissato per il futuro «è assicurare ad ogni paziente di arrivare ad almeno 65 anni di vita senza patologie cardiache - come ha spiegato il dottor Massimo Piepoli dell'Ausl - per farlo, ai medici servono lezioni sulla prevenzione secondaria e ai pazienti un'educazione ad una vita corretta». Altro aspetto da tenere in considerazione è la fase post-acuta, illustrata dal dottor Stefano Urbinati di Bologna: «La mortalità a soli due mesi dalla dimissione dall'ospedale è troppo alta, bisogna agire sulle persone per convincerle a curarsi anche dopo un evento cardiaco». Andrea Pozzati dell'Ausl ha invece sottolineato come la prevenzione secondaria sia ancora troppo marginale: «Il cuore degli italiani è a rischio, ci vogliono strategie complementari da parte di tutti noi per aumentare i controlli fin dalla giovane età».

Gabriele Faravelli

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