Sabato 21 Maggio 2011 - Libertà
Restaurato San Pietro ora tocca a S. Francesco
di STEFANO PARETI
Allarga il cuore parlare di qualcosa che fa bene alla città: un atto, uno scritto, un auspicio, un'idea. Racconto uno di questi fatti e la prendo un po' da lontano, ma poi arriviamo a noi.
"… nel 1886 l'Autorità Municipale con deliberazione presa d'urgenza, ordinava la demolizione immediata della torre [della chiesa di S. Pietro] per la ragione ch'essa minacciava rovina. La pretesa minaccia si era riscontrata nel fatto che in seguito a forti piogge, essendo la torre priva di copertura metallica, fatta scomparire a poco a poco da ignoti lestofanti durante il periodo di chiusura della chiesa, si erano staccati alcuni pezzi di calcinaccio" (Leopoldo Cerri, ‘Per la torre di S. Pietro', in Indicatore Ecclesiastico Piacentino, 1909). Questa notizia assieme a tante altre anche più significative si ritrova nella Tesi di laurea di tre neoarchitetti piacentini che nell'Anno Accademico 1989-1990 (Pierangelo Carbone - oggi assessore del comune di Piacenza -, Pier Giorgio Fogliazza e Roberto Ziliani) discussero con il titolo ‘Chiesa di San Pietro in Piacenza; costruzione e conservazione del campanile' (pagg. 39-56), Politecnico di Milano. Questa Tesi e quanto viene scrupolosamente ricordato nel prezioso volume di Fausto Ersilio Fiorentini ‘Le chiese di Piacenza' Edizioni TEP, 1985 (pagg. 109-113), possono servire al lettore che volesse approfondire ed ampliare le proprie conoscenze circa il campanile della chiesa di S. Pietro.
Penso che l'amico assessore Carbone se fosse stato in carica nel 1886 avrebbe certamente impedito la deliberata demolizione, ma anche allora vi fu chi usò cultura e buon senso.
Anche come amministratore, ho sempre visto la città come una comunità. Case, industrie, strade ma soprattutto persone con le loro vite, le loro esigenze, i loro sentimenti. Una città deve essere concepita in modo di rendere il più possibili agevoli le giornate di chi la abita salvaguardando però i luoghi che ne hanno fatto la storia grande e piccola. Penso al centro storico, al teatro, ai palazzi ed anche alle tante chiese attorno a cui si è coagulata l'esistenza, con gioie e dolori, di migliaia di piacentini. Per i fedeli ciò è tanto più vero e sentito, ma i luoghi sacri, per i loro significati, ispirano attaccamento ed affetto anche a chi li frequenta meno.
La sopravvivenza di questi edifici, difficile e costosa, è spesso lasciata sulle spalle, forti moralmente ma non altrettanto economicamente, di singoli sacerdoti che possono contare assai meno di una volta sul sostegno dei fedeli, specie nel centro storico della città, dove la popolazione è sempre meno numerosa e più anziana. E' quindi tanto più encomiabile lo sforzo di don Giuseppe Frazzani, parroco di San Pietro, che è riuscito nell'impegnativa opera di restauro del campanile, che si stava sgretolando sotto i colpi del tempo e delle intemperie. La torre, la seconda chiesa della città in altezza dopo il Duomo, ora svetta di nuovo robusta ed elegante, ed è inconfondibile nello skyline della città, anche per chi arriva dal ponte sul Po o da via Colombo.
Per reperire i fondi necessari, il parroco ha bussato a diverse porte, e molte hanno generosamente aperto, e si è inoltre affidato ad apposite forme di raccolta come le offerte legate ad un simbolico mattone, e al sostegno del 5 per mille. Pur non disponendo dell'intera cifra di copertura dei costi, ha con coraggio e determinazione avviato e portato a compimento il lavoro. Questo va a suo ulteriore merito, però gli elogi non bastano. Bisogna che i complimenti siano accompagnati da aiuti concreti che gli permettano di far fronte a tutti gli impegni assunti. Sono sicuro che i parrocchiani, come me, faranno ancora sentire la loro vicinanza e confido che anche le istituzioni intervengano di nuovo se l'hanno già fatto e non lascino solo il sacerdote se, invece, non si sono mosse a suo tempo.
Il 25 agosto 2009 Libertà pubblicava un mio appello agli enti della città perché intervenissero a salvare il campanile: non mi illudo di avere scosso le coscienze, ma mi piace poter pensare di aver dato un mio piccolo contributo ad una causa così meritoria.
Indubbiamente la comunità parrocchiale si è mossa con generosità, pur se mancano ancora alcuni tasselli alla conclusione del finanziamento dell'opera, e se vi è stato un concorso di tanti al raggiungimento del risultato, bisogna dar atto a don Giuseppe Frazzani, di aver saputo guidare con grande coraggio un'operazione delicata accompagnando in porto un vascello che si muoveva in acque agitate: ha saputo coinvolgere tanta gente facendola sentire parte di un progetto comune, e merita dunque il plauso anche della cultura piacentina.
Una vicenda che si chiude all'insegna dell'ottimismo, ma non quello stucchevole che vuole darci ad intendere che tutto va sempre bene; ma quello tipicamente nostrano che non ignora e non nasconde i problemi, perché sa che le soluzioni esistono: è necessario il coraggio di individuarle e costruirle.
Infine va detto anche che grazie anche alla Fondazione di Piacenza e Vigevano la parrocchia ha potuto ripristinare tutte le coperture in rame che ornano e proteggono il campanile, e a tal proposito si può sottolineare che nella citata Tesi di laurea alla pagina 53 viene ricordato un precedente analogo intervento: " Il rame di copertura fu ripristinato senza alcun dubbio dopo il 1886, ma ciò avvenne anche dieci anni prima e cioè nel 1875, visto che in una nota indirizzata al Municipio leggiamo: « … essendosi divelto qualche brano della copertura in rame del cupolino della torre di S. Pietro si stia per levare il rimanente come già si fece nella parte inferiore di detto campanile. Se ciò è vero, parrebbe invece alla Commissione (per la conservazione dei Monumenti), che si dovesse rimettere sul cupolino quanto rame rimaneva, usandosi, non fosse altro, una piccola parte del metallo che venne tolto più in basso. » (Lettera firmata dal presidente della Commissione per la conservazione dei Monumenti, indirizzata al Municipio, Piacenza, giugno 1875) ".
Tornando così ai giorni nostri, si pensava che dopo gli otto mesi intensi che ci sono voluti per il restauro del campanile, don Giuseppe si prendesse qualche giorno di meritato riposo … e invece eccolo arrancare sulla sua bicicletta per affrontare gli acciacchi della basilica di S. Francesco, un'altra delle tre chiese affidate alle sue ammirevoli cure: ci sta ricordando che nel centro storico di una città come Piacenza si può sentire respirare la storia: ma forse non tutti se ne accorgono.