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Giovedì 24 Marzo 2011 - Libertà

«Interrogarsi su cosa produca la violenza»

Manlio Milani, marito di una vittima della strage di Brescia, ai giovani del Gioia

«Bisogna andare oltre il colpevole per capire il perché del reato. Per interrogarsi su cosa produca la violenza. Capirne le ragioni, permette anche di lavorare alla recuperabilità del reo». L'invito non proviene da un difensore del diritti dei carcerati. Ma da un cittadino italiano che ha pagato un tributo di sangue molto alto. Sono parole pronunciate ieri, davanti ad un pubblico di studenti del liceo Gioia riuniti nell'auditorium della Fondazione, da Manlio Milani, presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di piazza della Loggia.
C'era anche lui, quel 28 maggio del 1974, in piazza a Brescia, per la manifestazione indetta da lavoratori e antifascisti. Otto furono le vittime di quella strage di stampo neofascista, appoggiata da servizi segreti deviati, nel quadro della strategia della tensione.
Milani perse la moglie, Livia Bottardi, insegnante. Le vittime hanno volti, nomi, cognomi, vite spezzate. I colpevoli non ci sono. L'ultimo processo si è chiuso il 16 novembre scorso, con assoluzione per insufficienza di prove. «Ma oltre alla verità giudiziaria - sottolinea Milani - andrebbe stabilita la verità storica. Gli attori di questo processo dovrebbero essere le istituzioni, le vittime e i colpevoli. Per questa e per altre vicende, sarebbe necessaria l'apertura degli archivi. Una democrazia per essere tale deve essere trasparente, va controllata continuamente».
In quella democrazia credevano Manlio e Livia, quando scesero in piazza a Brescia. Ricorda quel giorno di maggio in cui si era messo a piovere, Milani. Lo rielabora, si mette in discussione: «Prevalse in me l'istinto egoista: appena ci fu lo scoppio, corsi verso di lei, la sollevai da terra, la portai in ospedale. Solo più tardi mi accorsi che anche altri due dei nostri amici erano morti. Ricordo il momento in cui mi allontanai dal corpo immobile di Livia che invece ero abituato a vedere sempre di corsa, con i suoi libri sotto braccio. Andai in piazza della Loggia e vi trovai tante persone. La piazza si aprì al mio arrivo. Condivisero con me il lutto». Alle domande dei ragazzi, Milani risponde che crede nella giustizia, nella democrazia, e dice che scenderebbe ancora in piazza. La sua testimonianza è stata una lezione di umanità e di educazione civica. I ragazzi che hanno partecipato sono protagonisti di un percorso organizzato al Gioia dalla professoressa Donata Horak, con l'associazione Oltre il Muro, che opera nel carcere delle Novate. Un percorso a cui hanno preso parte Carla Chiappini (conduttrice dell'incontro) e Alberto Gromi, garante per i diritti dei detenuti.

Donata Meneghelli

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