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Mercoledì 9 Marzo 2011 - Libertà

«Jazz e Brasile, cocktail vincente»

Michele Francesconi col suo quartetto dal "Bettinardi" al festival

di ALFREDO TENNI
L'anno scorso i quattro splendidi musicisti del Michele Francesconi Vocal Quartet hanno vinto a mani basse il primo premio nella sezione "gruppi" del concorso nazionale "Chicco Bettinardi", la competizione con cui il Piacenza Jazz Club scopre e lancia da otto anni i "Nuovi talenti del jazz italiano" (come recita il sottotitolo del concorso). Con pieno merito, perché i quattro (Michele Francesconi al pianoforte, Laura Avanzolini alla voce, Giacomo Dominici al contrabbasso, Alessandro Pivi alla batteria) vantavano un'originalità, una freschezza, una personalità che sono merce rara nel mondo, spesso troppo scolastico e troppo poco coraggioso, del giovane jazz italiano.
Qualità che saranno in primo piano, ancora una volta, nel concerto che il Michele Francesconi Vocal Quartet terrà domani sera alle 21.15 al Milestone di via Emilia Parmense 27 (biglietteria aperta dalle 20): è uno degli appuntamenti del Piacenza Jazz Fest 2011, ottava edizione del festival organizzato dal Piacenza Jazz Club presieduto da Gianni Azzali, con il patrocinio del ministero per i Beni culturali e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Regione, Comune e sponsor privati, tra cui Fondazione Libertà. Per capire qualcosa di più su questo quartetto romagnolo marchigiano dal fine gusto "cameristico" e dall'irresistibile inventiva, abbiamo fatto una chiacchierata con il leader: il pianista Michele Francesconi, trentacinquenne a capo di una banda di ventenni e musicista di multiforme ingegno (insegna piano jazz al conservatorio di Adria, dopo il diploma a Trento con Franco D'Andrea, è musicologo, ha suonato con gran gente - Eddie Gomez, Tim Berne, Gianluca Petrella - e ha inciso tre dischi).
Può anticiparci qualcosa sugli standard che affronterete a Piacenza?
«Ci sarà un arrangiamento della nostra cantante Laura Avanzolini di Samba de uma nota só, il classico brasiliano di Tom Jobim meglio noto nel mondo jazz con il titolo di One note samba. Un altro classico di Jobim in arrangiamento originale sarà Eu sei que vou te amar, che il pubblico italiano conosce bene perché Ornella Vanoni la cantava con il titolo Io so che ti amerò. E poi ci sarà un brano che amo moltissimo: You taught my heart how to sing di McCoy Tyner, splendido volo melodico di un pianista che, di solito, tanto melodico non è».
Lei vive a Ravenna, il suo gruppo fa base a Rimini. È difficile entrare nel giro del grande jazz e restarci vivendo in provincia?
«No. Non è più come un tempo: i moderni mezzi di comunicazione rendono tutto più facile. E poi la provincia è molto più vitale di una volta: si insegna e si suona jazz a livelli che non hanno nulla da invidiare ai grandi centri. La costa della Romagna, poi, è fitta di locali dove si fa jazz dal vivo almeno quanto i Navigli di Milano».
Lei suona e insegna jazz da giovane tra i giovani: che cosa bisognerebbe fare, secondo lei, per diffondere la conoscenza di questa musica meravigliosa che è la grande "cenerentola" dei programmi radio e tv?
«Innanzitutto, per favorire il jazz dal vivo, bisognerebbe avere il coraggio di rivedere certe norme Siae: non è giusto "condannare" i locali che fanno jazz a sborsare centinaia di euro a sera di borderò per pagare i diritti a svariati autori defunti. Un programma o un canale tematico tv dedicato al jazz? Io la vedo come un'utopia possibile. In Italia, tra i giovani, percepisco tanta voglia di fare, di suonare, di imparare. Tanta voglia di novità, di cambiamento. Molte cose dovranno essere svecchiate, a partire dalla nostra classe politica. Ma sento che c'è qualcosa che si sta muovendo».

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