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Martedì 29 Marzo 2011 - Libertà

«Seguiamo la vocazione internazionale»

Il presidente di Aterballetto, il piacentino Fabrizio Montanari, parla del futuro. Oggi alle 16 la compagnia sarà al Teatro Municipale con lo spettacolo "Certe notti", costruito sulle canzoni di Ligabue

piacenza - Torna a Piacenza la compagnia Aterballetto - Fondazione nazionale della danza, compagnia di produzione e distribuzione di spettacoli di danza su territorio nazionale ed internazionale, la prima realtà stabile di balletto al di fuori delle fondazioni liriche. Per il quarto appuntamento della stagione di danza promossa dalla Fondazione Teatri di Piacenza, la compagnia guidata dal coreografo Mauro Bigonzetti e dalla direttrice artistica Cristina Bozzolini presenta oggi sul palco del Teatro Municipale lo spettacolo Certe notti: una rappresentazione particolare e fuori dal comune, costruita sulle canzoni e le poesie di Luciano Ligabue, il rocker di Correggio. Lo spettacolo inizierà alle ore 16. Cristina Bozzolini verrà intervistata da Stefano Tomassini, per il consueto "Invito alla danza", alle ore 15 al Ridotto del Municipale.
Tanti artisti internazionali e di sicura fama si sono avvicendati tra le fila della compagnia di balletto, e altrettanti si sono cimentati nel creare coreografie che potessero essere rappresentate da questi eccezionali ballerini. Ma Aterballetto racchiude anche un po' di Piacenza. Infatti, il presidente del CdA della compagnia, Fabrizio Montanari, è nato e cresciuto proprio nella nostra città. Dopo gli studi classici, una laurea e un dottorato all'università Bocconi di Milano, e una cattedra sia presso la stessa Bocconi che all'Università di Reggio Emilia, nel giugno 2010, a soli 35 anni, ha assunto la presidenza.
Com'è stato il percorso che l'ha portata a ricoprire questo ruolo?
«Fin dagli studi universitari mi sono interessato all'economia della cultura, alle possibilità di innovazione e sviluppo che questa può portare, ho sempre cercato di fare leva sulla cultura. Nel 2005 sono diventato ricercatore di ruolo all'università di Reggio Emilia, e ho iniziato a collaborare con il Comune. Da qui è arrivata la proposta di diventare presidente: una grande soddisfazione personale, ma che ovviamente implica anche un grande impegno».
Cosa significa per lei far parte di una delle più importanti realtà di danza esistenti oggi in Italia?
«Personalmente rappresenta una bella sfida: ho l'occasione di mettere in pratica tutto quanto ho studiato fino ad ora. Una conoscenza teorica, applicata alla realtà, permette di lavorare meglio, avendo un'ampia visione di quanto rimane da fare».
Che progetti si stanno trattando adesso?
«Per ora il nostro obiettivo è quello di allargarci e svilupparci sempre di più. Alla Fonderia, un ex-capannone che è diventato la nostra sede, si lavora ad una serie di iniziative che possano aprire nuovi orizzonti alla compagnia e a tutti coloro che collaborano con noi. Nonostante la crisi infatti vogliamo rimanere efficienti e propositivi: per esempio abbiamo aperto le porte alle creazioni di giovani coreografi non professionisti, fornendo una vetrina unica a livello nazionale, e la compagnia presta attenzione ad ogni possibilità di "contaminazione" con progetti nuovi ed interessanti. La nostra idea è di seguire la vocazione internazionale della compagnia, ma rimanendo legati alla realtà locale e al territorio. Per esempio, abbiamo istituito la "Aterballetto Card", che fornisce sostegno economico a noi da parte degli appassionati, e offre loro tanti vantaggi sulle iniziative che noi proponiamo».
Aterballetto a Piacenza: per lei è praticamente un ritorno alle origini.
«Sì, infatti sono molto entusiasta di questo "incontro". Per me è una grande soddisfazione, un motivo di orgoglio, e spero che lo spettacolo riscuota il successo che merita. Inoltre, potrebbe essere una buona occasione per rivedere la mia città natale, visto che a causa degli innumerevoli impegni di lavoro mi rimane sempre poco tempo per poter tornare e fare visita ad amici e parenti, in una città alla quale rimango comunque legatissimo: seguo sempre lo sport piacentino, per esempio. E poi, come si mangia a Piacenza, non si mangia da nessuna parte! »

Valentina Zilocchi

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