Martedì 26 Aprile 2011 - Libertà
Una nuova sfida dello Stabile piacentino con gli Imperfect Dancers di Matteini che nella commedia shakespeariana uniscono le ombre ai corpi
di BETTY PARABOSCHI
Uno Shakespeare in "punta di piedi". È quello proposto dagli Imperfect Dancers di Walter Matteini per la regia di Fabrizio Montecchi: Sogno di una notte di mezza estate per corpi e ombre è la nuova sfida nata da una coproduzione fra Teatro Gioco Vita, Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza e Imperfect Dancers. Lo spettacolo sarà presentato in anteprima assoluta venerdì alle 21 al teatro "Luciano Pavarotti" di Modena; nel frattempo il regista Montecchi ha risposto a qualche domanda sull'ideazione, sullo sviluppo del progetto, ma anche sulle prospettive che lo vedranno di nuovo affiancarsi alla compagnia di Matteini per un'opera shakespeariana.
Come è nata l'idea di trasporre in danza proprio il «Sogno di una notte di mezza estate»?
«Il tutto nasce dall'idea di continuare un percorso sulla musica e sulla danza: in questo caso e anche in altri come ne L'uccello di fuoco avevamo intenzione di seguire un filo narrativo. Siamo partiti dalle musiche di Meldelssohn: è chiaro che rispetto al sogno shakespeariano qui abbiamo proceduto a una sorta di semplificazione, eliminando diversi piani come quello degli artigiani e della corte di Atene. Noi ci siamo concentrati su quattro amanti che scappano da Atene e entrano nel bosco: è tutto un lavoro incentrato sull'idea del bosco come non-luogo geografico, ma semmai come spazio dell'inconscio in cui tutto è possibile e si confonde. Ma è anche un progetto che mostra come in realtà siano gli istinti e non la ragione a regolare molte delle nostre azioni: il bosco e dunque Oberon, Titania, Puck e il mondo notturno delle fate diventano l'inconscio degli amanti».
Il confronto con Shakespeare non vi ha un po' intimorito dunque?
«Come è successo alcuni anni fa con Antigone di Sofocle, da parte nostra c'è un interesse sempre più forte a sviluppare le possibilità drammaturgiche del linguaggio scenico che ormai ci sentiamo di "avere in mano". Dunque l'evoluzione del nostro linguaggio teatrale non passa soltanto attraverso la scoperta di nuove possibilità tecniche o formali, ma anche attraverso la capacità di farsi carico di drammaturgie complesse: abbiamo voglia di confrontarci con alcuni dei punti di riferimento della drammaturgia di tutti i tempi. È un modo per dimostrare che il nostro linguaggio è ormai adulto e ha la complessità per mettere in scena qualsiasi testo: Shakespeare è un passaggio obbligato per riuscire a dimostrarlo».
La collaborazione con Matteini è ormai rodata: in questo spettacolo come si è sviluppata?
«Dal punto di vista artistico è stata molto intensa: conoscevo già Walter dai tempi in cui collaboravo con AterDanza e lui era danzatore. Poi abbiamo avuto un nuovo incontro per l'opera lirica De l'ombre eterne e abbiamo così deciso di continuare insieme questa esperienza. I danzatori sono quelli della sua compagnia: in scena ci sono cinque artisti di formazione classica che gestiscono tutti gli elementi della scena. Di questi cinque uno diventerà Puck e gli altri saranno i quattro amanti, oltre che Oberon e Titania».
Nei prossimi anni pensa di dedicarsi ancora a qualche drammaturgia shakespeariana?
«Un obiettivo potrebbe essere una Tempesta: in questo caso affrontiamo per la prima volta Shakespeare in punta di piedi, giocando sull'idea di una certa discrezione ma anche sul fatto che lo rappresentiamo attraverso la danza. In futuro vorremmo confrontarci con tutta la complessità testuale dei testi originali. Certamente i tempi, soprattutto ora, non sono facili da stabilire, nella nostra testa c'è l'obiettivo di affrontare ancora almeno uno o due testi di Shakespeare nei prossimi anni».