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Venerdì 24 Settembre 2004 - Libertà

Giorgio Milani sulla difficoltà di comprendersi

Domani si inaugura la mostra dell'artista piacentino nella cripta dell'Auditorium della Fondazione. Comunicare? E' una Babele

E' Babele la densità oscura dei linguaggi in cui viviamo e l'aspra contrapposizione delle culture che sempre più genera conflitto. E' Babele la voragine di senso dentro di noi, la comprensione negata della realtà. La condizione dell'uomo contemporaneo si raccoglie in queste due polarità: da un lato ecco le divisioni etniche, l'odio, le lotte che alzano una "torre" insormontabile ai nostri occhi; dall'altro ecco il simmetrico contrario della torre, la sua gemella nascosta, quel vuoto speculare che penetra e invade la nostra coscienza, produce angoscia, indifferenza, ed è figlio del supremo senso di estraneità in cui ci muoviamo l'uno verso l'altro, monadi incapaci di entrare in relazione. L'immagine simbolica delle torri: una nello spazio fisico, una immateriale nello spazio interiore, è l'ultimo interesse dell'artista Giorgio Milani. I suoi caratteri tipografici offrono un corpo ideale a questo pensiero. E "Babele" è il titolo della mostra che si inaugura domani (ore 18, fino al 9 ottobre) nella cripta di Santa Liberata, sotto l'Auditorium della Fondazione, incentrata su una torre poetario di due metri e mezzo di altezza, oltre mille i caratteri assemblati con un gioco visivo che non sveliamo. Il curatore della mostra, Marco Senaldi, rimanda sia alla dimensione simbolica delle Torri Gemelle di New York e al loro destino, sia alla contraddizione insita nell'evoluzione tecnologica, dove abbiamo raggiunto una complessità e una velocità assoluta nei sistemi comunicativi: un universo di informazioni ci investe ma le gerarchie di significato sono abolite, la pubblicità dei cosmetici convive con il corpo martoriato delle vittime. Il destino di Babele si ripete, il processo non governato, la massa di dati povera di contenuti, si traduce in un gesto di greca "ubris", di sfida tracotante che chiama la sua punizione, come insegna la Babele biblica. Risultato? "In un mondo dove comunicare è diventato facilissimo ci si capisce sempre meno" scrive Senaldi nella bella introduzione al catalogo, che si avvale del contributo di molti autori, fra cui Umberto Galimberti. Il senso dell'operazione artistica sta proprio qui: nel rappresentare una domanda filosofica in cui risuonano tante corrispondenze ma che giustamente non propone soluzioni. In mostra, oltre all'ambivalente torre di Babele, una decina di opere dell'artista e due frottage. L'evento è significativo, le ultime personali di Milani a Piacenza (mentre tante altre se ne sono succedute fuori dalla nostra città ed è in agenda un invito alla Quadriennale di Roma) risalgono a fine Anni '80. Lo strumento espressivo sono ancora una volta i caratteri tipografici da stampa, scoperti come materia in sé affascinante e duttile, un formidabile veicolo semantico. La poesia visiva di un tempo si è scomposta nell'alfabeto primordiale; in segni di legno che tutto dicono, tutto trattengono nell'ars combinatoria: sapere, conoscenza, poesia, ciò che già è scritto, ciò che lo sarà. Un tempo si opponevano fisicamente alla dissoluzione della cultura e ci apparivano i sofisticati pronipoti dei ready made di Duchamp (ma nella genesi espressiva Senaldi cita anche il Futurismo). Oggi conta il messaggio che trasmettono: la domanda o la semplice emozione. Un traguardo di queste opere è la multidisciplinarietà, dove letteratura, scultura, multimedialità si attraggono come calamite. Esemplari i due video di Roberto Dassoni "Vision of Babel: the Genesis 2004" e "Babele 2004".

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