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Mercoledì 27 Aprile 2011 - Libertà

Boito, tanta Piacenza nel suo dramma lirico

Il critico Francesco Bussi sul Bollettino storico parla dell'opera dedicata a Pier Luigi Farnese

piacenza - «I melodrammi di solito hanno come sfondo le grandi città: Roma, Venezia, Firenze, Napoli. È vero che c'è anche la Mantova del Rigoletto, ma non mi risulta che vi siano opere ambientate a Bologna e sicuramente né Parma, né Cremona, le nostre vicine, possono vantare questo privilegio, mentre invece Piacenza rappresenta una felice eccezione». A parlare è il musicologo Francesco Bussi, che nell'ultimo numero del Bollettino storico piacentino approfondisce la vicenda di Pier Luigi Farnese, dramma lirico di Tobia Gorrio (pseudonimo anagramma di Arrigo Boito), su musica di Costantino Palumbo, e le cui scene si svolgevano nella nostra città.
Il periodico storico-letterario piacentino verrà presentato all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia 12, venerdì alle 17.30 con interventi di: Vittorio Anelli, direttore responsabile della rivista, Stefano Levati, docente all'università di Milano, e Maria Luigia Pagliani, della Deputazione di storia patria per le province parmensi. E chissà che in un prossimo futuro non si possa assistere anche a quella che sarebbe la prima assoluta di Pier Luigi Farnese: «Per i costi esorbitanti degli allestimenti di oggi, credo sia impossibile proporre una messinscena completa di quest'opera, ma si potrebbe - suggerisce Bussi - creare un evento, eseguendo per esempio una selezione di arie, coinvolgendo il Conservatorio "Nicolini"». Sollevando così una coltre lunga più di un secolo, da quel 1891 in cui il dramma lirico Pier Luigi Farnese nacque e morì, come evidenzia Bussi, per motivi disgiunti dalla rilevanza artistica del melodramma in questione.
«Sono sopravvissuti la partitura integrale e lo spartito della riduzione per canto e pianoforte, pubblicato nel 1891 da Sonzogno». In ogni caso, Bussi auspica che Piacenza si possa in qualche modo riappropriare di questo dramma lirico per alcuni versi datato, ma con elementi anche di particolare interesse. Nel saggio sul Bollettino storico piacentino, Bussi si concentra su luci e ombre dei singoli atti, nonché sulla topografia cittadina (non priva di equivoci e sviste) e sui personaggi storici in azione. «Di indubbio rilievo è il fatto che si sia cimentato con la scrittura del libretto Arrigo Boito, esponente di spicco della vita culturale italiana tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento», tanto da essere definito da Fedele D'Amico «dittatore dell'umbertinismo musicale italiano». Come librettista collaborò con Giuseppe Verdi per Simon Boccanegra, Otello e Falstaff. «In generale - osserva Bussi - la scintillante versificazione di Boito, fitta di spericolate licenze poetiche, si compiace di virtuosismi verbali di sofisticata qualità fonetica. La sua appartenenza alla Scapigliatura lombarda lo induce a toni macabri e orrorosi, a tinte funeree e fin sataniche, ampiamente disseminate ed esibite nei suoi libretti».
Meno noto è invece il pianista e compositore Palumbo, originario di Torre Annunziata, allievo di Saverio Mercadante al Conservatorio di Napoli. Di lui è rimasta una copiosissima produzione di "morceaux de salon", come romanze, preludi, notturni e valzer, di grande successo tra il pubblico dell'epoca, accanto a drammi lirici: Maria Stuart, rappresentata al Teatro San Carlo di Napoli il 23 aprile 1874, e Pier Luigi Farnese, che avrebbe dovuto debuttare al Costanzi di Roma nel 1891, ma invece la data venne cancellata per dissidi insanabili sorti - ricostruisce Bussi - tra Palumbo e l'editore Sonzogno. Sul fatto è stata tramandata la testimonianza del direttore e maestro concertatore Leopoldo Mugnone, riportata da Bussi: "Nel 1891 concertai con tutto il mio entusiasmo l'opera dell'illustre maestro Costantino Palumbo, mio grande amico. Alla prova generale, egli si trovava sul palcoscenico e si rammaricava dell'insufficienza di un artista (il tenore Lazzarini). Eduardo Sonzogno che sentì la cosa, si rivolse a lui, indignato, dicendogli che, se non era contento, poteva benissimo ritirare l'opera. I due si adirarono e non fu possibile calmarli e rappacificarli".
Palumbo - prosegue Bussi - non frappose indugi, e fu così che un perpetuo velo di oblio calò sulla sua ultima fatica operistica. Aver scritturato il tenore Pasquale Lazzarini - commenta Bussi - cantante «alquanto oscuro e pure associato alla "scuderia" Sonzogno» diventò «involontario, negativo fattore nodale nella sorte o malasorte del Pier Luigi Farnese». Il tenore avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Gianni (in realtà Giovanni) Anguissola, tra i congiurati che attentarono alla vita del primo duca, come narrato a tinte fosche del dramma lirico, incentrato proprio sugli avvenimenti del 1547. «Boito modella l'Anguissola come una sorta di patriota puro e nobile che anela all'unità d'Italia, parimenti avverso ai francesi e agli spagnoli, motivato a congiurare unicamente per amore di libertà». Di invenzione invece la controparte femminile, l'innamorata Donata, nei cui panni si sarebbe dovuto calare il soprano Fanny Elena Torresella, dalla fulgida carriera nei principali teatri italiani (Scala compresa) e americani, al fianco di celebrità come Enrico Caruso, Alessandro Bonci e Giuseppe Kaschmann.

Anna Anselmi

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