Sabato 30 Aprile 2011 - Libertà
«Banca Monte Parma è uscita dal tunnel»
Il presidente crede nel rilancio con Intesa. Ma quanti grattacapi per la ex gestione
Quanti grattacapi gli ha procurato l'ingresso in Banca Monte Parma. Ma adesso che l'arrivo di Intesa San Paolo come nuovo partner industriale si sta perfezionando, Giacomo Marazzi si dice molto fiducioso che quell'operazione possa rivelarsi vincente.
E' vero che l'istituto di credito parmense ha accumulato deficit ingenti - 15 milioni di euro nel 2009, 60 milioni nel 2010 come ha certificato il bilancio consuntivo presentato l'altro ieri all'assemblea dei soci - che pesano eccome sui 72 milioni di euro investiti nel 2008 dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano per acquisire il 18% di capitale della banca (del 30-35% la contrazione di valore accusata), e tuttavia adesso la Monte Parma riparte "sul pulito", avendo cioè portato in perdita tutti i crediti divenuti ormai inesigibili (è per questo che il disavanzo 2010 è così alto), e con un azionista forte - per l'appunto Intesa San Paolo, che ha rilevato il 51% dell'istituto dalla Fondazione Monte Parma - in grado di fornire tutto il supporto necessario per un rilancio in piena regola.
«Quell'investimento l'abbiamo fatto nel 2008, prima quindi della crisi globale che ha colpito anzitutto il settore bancario», ricostruisce la vicenda il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano ricordandone le motivazioni: «Ho sempre ritenuto che avere solo liquidità sia a rischio, sei sempre precario. Una parte di patrimonio ritenevo opportuno metterlo in qualcosa di duraturo che da un lato ricapitalizzasse l'investimento nel corso degli anni e dall'altro portasse ricadute positive sul territorio come una banca può fare».
«Certo che, una volta dentro, mi sono accorto delle tante cose che non funzionavano» in Banca Monte Parma, riconosce Marazzi che dell'istituto è consigliere di amministrazione. Ne è seguita una stagione di forte conflittualità tra i soci che ha visto infine l'intervento della Banca d'Italia che ha imposto una nuova governance all'istituto, un'idonea ricapitalizzazione e un nuovo partner industriale al posto di Banca Sella.
Bankitalia ha acceso i riflettori sulla gestione, sulle scelte degli ex vertici dell'istituto parmense su cui cade la colpa di aver erogato finanziamenti in maniera poco oculata. Tra i destinatari dei crediti ci sono aziende come la casearia Medeghini, fallita a gennaio di quest'anno o Mariella Burani, sul cui crack sta cercando di fare luce la magistratura. C'è poi un finanziamento, mai rientrato, di 14 milioni di euro alla società Alfa, partecipata del Comune di Parma.
Dopo avere riscontrato varie irregolarità nei bilanci, Bankitalia ha inflitto pesanti sanzioni economiche agli ex amministratori - l'ex presidente Alberto Guareschi e l'ex direttore generale Roberto Menchetti - che però non hanno toccato i due rappresentanti di via Sant'Eufemia in cda, Marazzi e Beniamino Anselmi. E l'altro ieri in assemblea i soci di Banca Monte Parma si sono divisi sulla scelta di avviare un'azione di responsabilità nei confronti nei confronti degli ex vertici.
Azzerata la precedente gestione e affidata a Carlo Salvatori la presidenza, si è cercato il possibile nuovo partner industriale per la Monte Parma. Dopo qualche tentativo naufragato, alla fine si è fatta avanti Intesa San Paolo. La Fondazione di Piacenza e Vigevano ha portato all'incasso il 3% di azioni in suo possesso che teneva bloccato il quorum per le assemblee straordinarie. Lo ha ceduto alla Fondazione di Parma ottenendone 13 milioni di euro circa che «è esattamente il nostro valore di carico» a bilancio per quel pacchetto, osserva Marazzi, e con quei soldi «sottoscriviamo la nostra quota dell'aumento di capitale» da 75 milioni di euro concordato con Intesa San Paolo.
«Quando siamo entrati, il patrimonio netto di Banca Monte Parma era di 180 milioni», fa presente il presidente, «oggi è di 108 cui si aggiungono i 75 milioni di ricapitalizzazione: arriviamo così a 183 milioni, per cui noi in sostanza, sottoscrivendo l'aumento di capitale con l'introito ottenuto dalla vendita del 3% di azioni, rimaniamo al 15% di un patrimonio identico a quando siamo entrati. Con la differenza, però, che adesso la banca si presenta del tutto "ripulita" e che la maggioranza è in mano a un socio del calibro di Intesa che vuol dire: know how, servizi, strumenti e una serie di facilities che solo un gruppo come quello può portare. E la Monte Parma rimane una banca del territorio con progetti di sviluppo particolarmente importanti su Piacenza».
La cessione della banca dalla Fondazione Monte Parma, principale azionista, a Intesa Sanpaolo, che ha acquistato il 51% offrendo 159 milioni di euro, è in attesa di concretizzarsi. A gennaio di quest'anno infatti l'Antitrust ha avviato un'istruttoria per verificare, oltre agli effetti diretti della concentrazione, il rischio di una concentrazione nelle province di Parma e Piacenza. In quest'area infatti il primo operatore è il gruppo Cariparma-Friuladria, società controllata dal gruppo Crédit Agricole, «non qualificabile quale operatore concorrente a pieno titolo, alla luce dei legami azionari (ha il 4,99% di Intesa Sanpaolo) e personali tuttora esistenti con il gruppo».
gu. ro.