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Sabato 14 Maggio 2011 - Libertà

Il corpo come luogo di rifugio

Piacenza Teologia si è aperta con l'intervento di don Pagazzi

di BETTY PARABOSCHI
Il corpo come casa, luogo di rifugio e protezione in cui liberarsi dalle paure e dai timori, riconoscendosi e riconoscendo l'altro. Non poteva avere un inizio migliore la manifestazione teologica organizzata dall'associazione "PiacenzaTeologia La Terza Navigazione" in collaborazione con il Comune e la Provincia di Piacenza, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, la diocesi di Piacenza-Bobbio, la libreria Berti, il Nuovo Giornale e Centropadane: se infatti il tema scelto per questa terza edizione, "Questo è il mio corpo", poteva aver suscitato qualche perplessità, l'intervento introduttivo di don Cesare Pagazzi nel corso della prima giornata ha fugato ogni dubbio.
Parlare di corporeità oggi significa infatti puntare lo sguardo verso quello che è il luogo del "sentire" umano e che rivela l'essere al mondo di ognuno: in quanto tale dunque il corpo occupa un ruolo centrale non solo nella realtà mediatica che tutti abitiamo, ma anche nel dibattito culturale e nella riflessione filosofica. Ben lo ha dimostrato l'intervento di don Pagazzi della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale che ha aperto la rassegna nella basilica di San Sisto, dopo i saluti del vescovo della diocesi di Piacenza Bobbio Gianni Ambrosio: «Ci siamo distanziati troppo da un'esperienza che appartiene alla religione ebraico-cristiana» ha spiegato il teologo all'inizio del suo intervento. «Dio è diventato un corpo, quindi l'esperienza del corpo ci appartiene più che mai».
Ma, differentemente dal passato, a essere considerata non è più una corporeità intesa semplicemente come involucro dell'anima o ancora più negativamente come il carcere da cui essa brama fuggire al più presto. Lo ha chiarito don Pagazzi: «Stasera cercherò di vedere come l'esperienza del corpo, sia nostro che di Gesù, possa essere raggiunta da un'altra esperienza originaria come quella dell'abitare» ha spiegato. «Ciascuno abita un luogo, un posto, una casa: e la casa è stata anche il luogo dove per primi abbiamo fatto l'esperienza del corpo e abbiamo capito di essere corpo anche grazie al mondo con il quale noi abbiamo vissuto una casa». Ecco allora come si spiega il titolo del suo intervento, "Edificare il corpo": «Vuol dire trasformare il corpo stesso in una specie di casa nel senso di far fare al corpo l'esperienza della casa e quindi fare in modo che chi incontra il mio corpo e la mia identità si senta un poco a casa: si senta riconosciuto, capace di riconoscere, liberato dalla paura come ci si sente appunto a casa» ha chiarito il teologo.
E sull'importanza di considerare la corporeità all'interno di un discorso teologico si è espresso anche monsignor Ambrosio, che ha dichiarato all'inizio della serata: «Credo che ci rendiamo tutti conto quanto l'attuale cultura abbia difficoltà a offrire una visione armoniosa del corpo mai disgiunta dalla persona. Si assiste da una parte a una desacralizzazione del corpo umano, dall'altra a una sua esaltazione idolatrica come oggetto di culto secondo regole e canoni. A fronte di tutto questo, l'auspicio va nella direzione di offrire una visione della realtà all'insegna della visione cattolica del corpo che ha una sua specifica caratterizzazione nel senso dell'unità».
L'intervento del vescovo si è incentrato sulla necessità di recuperare quella dimensione di comunione e unità che ben si esemplifica nella congiunzione latina "et": «Non esiste un "aut aut", ma si attuano invece delle continue connessioni» ha spiegato monsignor Ambrosio, «in questa luce la comprensione del corpo è un impegno costante e deve essere oggetto di discernimento e di verifica».

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