Martedì 17 Maggio 2011 - Libertà
Indagine sul comunismo del ‘900
Pier Paolo Poggio: «Conoscerlo attraverso chi lo ha analizzato». Stasera all'auditorium della Fondazione primo incontro di un ciclo promosso da Cittàcomune
piacenza - "L'altronovecento: movimenti, pensiero critico, testimonianza nel secondo dopoguerra italiano e europeo": su questi temi ci si interrogherà questa sera alle ore 21 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia 12, a partire dalle pagine del volume Il sistema e i movimenti. Europa 1945-1989, Jaca Book, a cura di Pier Paolo Poggio, direttore della Fondazione Micheletti di Brescia, che interverrà all'incontro insieme a Piergiorgio Bellocchio, presidente dell'associazione politico-culturale Cittàcomune, che ha organizzato l'iniziativa, e ai coautori Gianfranco Fiameni e Franco Toscani.
Il libro, di oltre 800 pagine, è il secondo titolo di un complesso progetto editoriale, previsto in cinque tomi: i primi due, già usciti, incentrati sul contesto europeo, il terzo sulle Americhe, il quarto su Asia e Africa, il quinto sul XXI secolo, che indagherà - anticipa Poggio - «sul concetto se possa esistere o meno un'alternativa al capitalismo, la cui vittoria innegabile e senza limiti, in ogni ambito della vita, ha creato e sta creando problemi che sono sotto gli occhi di tutti. Un'alternativa che non potrà essere la riproposta del comunismo novecentesco, ma bisogna comunque conoscerlo, attraverso coloro che meglio lo hanno analizzato». Che è quanto si propone di fare il volume che verrà presentato oggi, che affronta il comunismo novecentesco, ma senza ridurlo «al suo centro, ossia l'Urss, la rivoluzione russa, lo stalinismo. Attorno, e anche contro, questo tipo di realizzazione degli ideali del movimento operaio c'è stata un'attività molto ricca sul piano del pensiero che non può essere annullata nella condanna che ha colpito in modo totalitario l'esperienza comunista del Novecento. Ideologi che, da un lato, hanno analizzato criticamente lo stesso comunismo novecentesco, dall'altro il suo contraltare, cioè il capitalismo liberale occidentale, risultato vincitore in questo scontro in cui si è consumata la vicenda storica del secolo scorso».
Tra i pensatori di cui si parla nel volume, ce n'è qualcuno che più di altri ha saputo prefigurare gli attuali scenari del capitalismo globale?
«Alcune figure costituiscono punti di riferimento obbligati, senza i quali non si riesce a capire il mondo in cui viviamo: Ivan Illich, cattolico e pensatore rivoluzionario, ha analizzato con grande efficacia gli aspetti patologici della modernità; Ernesto Balducci; il pessimista Gunther Anders, che si interroga sul rapporto cruciale tra l'uomo e la faccia oscura del progresso tecnico-scientifico, con tutte le difficoltà del singolo individuo a confrontarsi con un contesto in trasformazione continua e velocissima, non facile da reggere sul piano della stessa costruzione del sé, con una conseguente dissoluzione dei legami sociali e delle istituzioni. L'indagine sulla condizione di disagio, che non colpisce solo le popolazioni in fuga dai Paesi piagati dalla fame o altri disastri, ma anche le società più ricche ed evolute, è tra gli obiettivi di questa opera editoriale, che è contemporaneamente storica e di servizio, per mettere a disposizione dei giovani gli strumenti per riappropriarsi di un patrimonio che rischia di essere totalmente cancellato, a causa della condanna totalitaria di quello che è stato sicuramente un fallimento e, sotto questo aspetto, il libro non lascia spazio alle nostalgie».
Nel volume, accanto alle correnti teoriche e ai movimenti dell'Europa occidentale, viene approfondito anche quanto avveniva negli stessi anni nell'Europa dell'Est.
«Credo che i guai degli ultimi 30-40 anni siano derivati dall'incapacità di legare i dissensi, le critiche e le lotte che avvenivano nell'universo sovietico con quanto avveniva in Occidente. Questa dissimmetria si è rivelata micidiale. Per molto tempo abbiamo conosciuto poco di ciò che avveniva in Unione Sovietica e nei Paesi satelliti. Per esempio, delle lotte che si svilupparono nei primi anni ‘50 era nota la rivolta di Berlino, ma non quella nella stessa Unione Sovietica. Si tratta di dimensioni che stanno emergendo solo dalle ricerche più recenti, che purtroppo sono diventate specialistiche, perché dell'Urss non interessa più niente a nessuno. Basti pensare alla ricchezza del dissenso e anche alla sua articolazione. C'è stato Solgenitsin, un critico durissimo dell'Unione Sovietica, ma anche dell'occidente, e pensatori di altrettanta qualità, eppure non valorizzati in Italia, come Šalamov, uno scrittore che ha pochi eguali nel Novecento».
Gli anni ‘60 hanno anche visto i Paesi africani a uno a uno raggiungere l'indipendenza, ma quanto effettiva?
«In questo volume è un tema che rimane sullo sfondo, anche se alcuni pensatori ne hanno tenuto conto, per esempio Sartre, una figura che prima era di grande moda, poi è stata demonizzata, o Nevio Basso. L'Africa, di cui tratterà un prossimo volume, sembrava destinata alla completa deriva, a una forma di neocolonialismo ancora più distruttivo di quello storico. Invece, per fortuna, c'è stato un risveglio che nessuno aveva previsto, dall'esito ancora del tutto incerto, ma dovremo tenerne conto nel seguito di questa storia».
Anna Anselmi