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Mercoledì 18 Maggio 2011 - Libertà

Macchiaioli, un nuovo linguaggio

Conferenza di Elena Sichel sull'arte nell'Italia unita

piacenza - L'itinerario condotto all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano da Elena Sichel nell'arte dell'Italia unita si è concluso nel decennio successivo Roma capitale, allargando lo sguardo alle diverse reazioni che il traguardo raggiunto aveva suscitato.
Tra i protagonisti della pittura si ritrovano i nomi dei macchiaioli toscani, che già prima del 1860 avevano dato avvio a un profondo rinnovamento del linguaggio e alcuni dei suoi maggiori esponenti avevano imbracciato le armi per combattere direttamente sul campo. L'iconografia riprende ancora il tema dei padri della patria, ma i toni più che celebrativi appaiono improntati a una dolente intensità, come nel ritratto di Giuseppe Garibaldi dipinto da Vittorio Corcos nel 1882 o nell'omaggio di Silvestro Lega a Gli ultimi momenti di Giuseppe Mazzini del 1873, dove il fervente apostolo repubblicano giace avvolto nello scialletto dono di Carlo Cattaneo, senza concessioni all'aura del mito.
A testimonianza del clima dell'epoca, Sichel ha citato il borghese salotto Biedermeier de Il bollettino del 9 gennaio 1878 di Odoardo Borrani, con il quale si dava la notizia della morte di Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia, la cui immagine è raffigurata sul paralume. Tra le questioni che infiammarono gli animi centocinquant'anni fa ci fu anche il dibattito sui restauri, che da una parte faceva riferimento con le discussioni teorico-pratiche in corso all'estero, dall'altra si collegava al tema fondamentale del rapporto con il passato per uno Stato appena venuto alla luce e desideroso di sottolineare le proprie radici culturali.
Giuseppe Abbati, con l'Interno della chiesa di San Miniato, del 1861, interviene nelle polemiche, proponendo quello che - ha osservato Sichel - giudicava come un recupero da approvare, in quanto redatto secondo le indicazioni del restauro filologico. «I macchiaioli - ha proseguito Sichel - denunciano apertamente di non riconoscersi nel mondo volgare che si è venuto a creare. Si richiamano ai valori estetici e chiedono luoghi in cui sia ancora possibile incarnare la bellezza». Il loro rifugio d'elezione diventa la campagna, soggetto privilegiato che susciterà scandalo come quando Giovanni Fattori nel 1865 pone al centro di un quadro di grandi dimensioni unicamente lo svettare degli alberi e le figure statuarie delle boscaiole. Le città del secondo Ottocento sono comunque alle prese non solo con i cantieri di conservazione dell'esistente, ma soprattutto con nuove costruzioni e grandi progetti. Proprio a Firenze, capitale dal 1865 al 1870, Giuseppe Poggi disegna la terrazza panoramica di piazzale Michelangelo e la cintura dei viali al posto delle mura, mentre il cuore del centro storico viene sventrato per lasciar posto al monumentale vuoto di piazza della Repubblica. Fattori continuerà ad affrontare anche scene militari, «ma con una pittura sintetica, priva di retorica, in una visione sempre più cupa e amara dell'esistenza».

Anna Anselmi

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