Domenica 27 Febbraio 2011 - Libertà
«Più collaborazione dei padri con le madri»
Scaparro: maggiore vicinanza costante con i figli nè solo ludica nè solo giudicante
Venerdì prossimo alle 20,45 all'auditorium della Fondazione seconda lezione della "scuola genitori" con Fulvio Scaparro, psicoterapeuta, già docente dell'Università di Milano, che parlerà sul tema "Quando torni papà? La presenza paterna nell'educazione dei figli"
di PAOLA COSOLO MARANGON
Ecco la nostra intervista che il prof. Scaparro ha rilasciato a "Libertà" in cui anticipa i temi della lezione.
Nel corso di un paio di generazioni il ruolo del padre è sostanzialmente mutato, ha subito una trasformazione profonda soprattutto all'interno della coppia genitoriale. Come definirebbe lei oggi il ruolo paterno?
«Un paio di generazioni mi sembra un lasso di tempo troppo breve per parlare di mutamenti sostanziali e di trasformazioni profonde. Io vedo indizi, segnali, lenti cambiamenti in direzione di una ridefinizione del ruolo paterno che spesso vengono scambiati per quello che non sono: un processo, se non del tutto compiuto, almeno in uno stadio molto avanzato. Del resto non deve meravigliare che il cambiamento sia lento e faticoso, visto che dietro i padri e le madri di oggi c'è una storia millenaria che ha portato tutti noi a essere quello che siamo. Non credo che la cronaca sia più forte della storia, così come lo stato della superficie del mare non rispecchia il moto delle correnti profonde. Possiamo però dire, senza temere di trarre conclusioni avventate, che molti padri di oggi non riposano più sugli allori di una condizione sociale e familiare che ha garantito in passato posizioni di privilegio rispetto alle madri e ai padri, portando a una suddivisione delle mansioni e dei ruoli che sta sempre meno in piedi. Scoprono, i padri di oggi, che non solo possono ma anche vogliono avere in famiglia un ruolo profondamente diverso da quello dei loro stessi padri con maggiore collaborazione con le madri e una vicinanza costante con i figli né soltanto ludica né soltanto giudicante».
Il padre "morbido" e "tenero" sa stare molto vicino ai propri figli, la sua caratteristica però è quella di essere maggiormente compagno di gioco piuttosto che educatore. Che cosa pensa a questo proposito?
«Le narrazioni che raccolgo nella mia professione descrivono padri che ancora non hanno trovato un equilibrio nel modo di stare con i figli. È ancora troppo presto per comprendere cosa noi padri possiamo fare o come dobbiamo comportarci: troppo vicino è ancora il tempo in cui il ruolo del padre non era quasi mai messo in discussione. Passiamo da compagni di gioco a educatori rigidi e inflessibili senza mediazioni. Questa nostra inesperienza danneggia le stesse madri che devono barcamenarsi per compensare gli squilibri di atteggiamento dei padri, diventando esse stesse più insicure e meno efficienti di un tempo. Il problema di fondo sta nella collaborazione stretta e reciprocamente rispettosa tra padri e madri: solo in questo modo, cooperando, essi potranno diventare educatori e compagni di gioco, esprimere affetto e stabilire regole, essere teneri ma anche severi quando serve. Oggi è ancora frequente che madri e padri non si presentino come facce di una stessa medaglia ma come due differenti medaglie: ognuno fa quello che può ma trascura il dialogo tra genitori, l'unica vera garanzia per un intervento equilibrato con i figli».
All'interno di una società definita senza padri, i genitori fanno fatica a trovare un modello autorevole a cui riferirsi, allora vanno per tentativi ed errori. Di sovente i padri "navigano a vista", affidandosi alla spontaneità e all'emotività….
«Nel mondo della marineria "navigare a vista" non è un'espressione necessariamente negativa, perché si può contare su riferimenti quali la costa o il cielo stellato, sul sole, sulla luna… Il pericolo sta nel navigare alla cieca, nel buio, nella nebbia, senza strumentazione adeguata. Spesso diciamo alle madri di avere più fiducia nelle loro competenze spontanee ma che dire ai padri che stanno scoprendo soltanto in questi ultimi decenni di avere anche competenze spontanee? Se non vogliamo navigare al buio ci sono molti modi per prepararsi alla paternità. Uno di questi, ancora poco praticato, è l'incontro in piccoli gruppi di auto-aiuto con altri padri e/o madri. L'incontro con le esperienze dei padri di oggi aiuta il futuro padre a riflettere su basi più realistiche sull'affascinante avventura che lo attende. Tuttavia, è ancora prevalente l'idea che in un modo o nell'altro ce la caveremo. Non è con il pensiero magico che si minimizzano gli inevitabili errori che ci aspettano».
Uno dei tanti compiti del padre dovrebbe essere quello del creare una cornice normativa data dalla possibilità di dare limiti e paletti ai figli. Si osserva sempre più spesso una grande fatica in questo senso e la relazione si struttura sulla compiacenza. Quali sono i rischi di un comportamento educativo come questo?
«Nego decisamente, anche andando contro tanta letteratura psicologica, che oggi sia compito solo del padre "creare una cornice normativa". Questa cornice dovrebbe essere il frutto della collaborazione tra padre e madre. Senza una condivisione delle norme, avremmo più "cornici" o nessuna cornice, con conseguenze facili da immaginare».
Il figlio adolescente non sente più il desiderio di "uccidere" il padre, lo trova anzi come alleato in un percorso di centratura narcisistica su di sé. Viene da pensare che padri e figli si assomiglino molto e non vi sia una figura realmente adulta. Lei cosa ne dice a proposito?
«Si cresce idolatrando, imitando, criticando e infine buttando giù dal piedistallo i genitori (per poi apprezzarli di nuovo quando i figli sono diventati adulti). Una crescita sana porta i ragazzi a staccarsi dalla famiglia senza grandi traumi per il fatto stesso di avere attraversato tutte le fasi che ho sintetizzato. Se non c'è alcun padre o madre da idolatrare, imitare, criticare o a cui opporsi, i figli dovranno cercare altrove modelli adulti con cui confrontarsi ma spesso questo avviene in tempi e modi sbagliati».
Nelle società antiche il padre era colui che infondeva coraggio, che permetteva al figlio di sentirsi protetto e di imparare a sua volta ad affrontare le difficoltà. Oggi, il padre moderno è in grado di infondere il coraggio ai suoi figli?
«Le società antiche ne hanno combinato di tutti i colori. A noi arrivano leggende e storie esemplari ma gli studiosi dell'infanzia hanno dimostrato che la condizione di bambini e ragazzi è mediamente terribile. Il coraggio di vivere lo hanno dimostrato uomini e donne che hanno superato nei millenni prove di una durezza indescrivibile. Oggi ci sono padri coraggiosi: non mi riferisco soltanto agli esempi saliti agli onori della cronaca ma a tutti quei padri ignoti che sono ancora capaci, senza riconoscimenti e gratificazioni, di vivere onestamente, lottare contro le ingiustizie, sognare e progettare malgrado la precarietà delle condizioni economiche e di salute».
Nella fatica di "sentirsi" padre, quali consiglio darebbe ai padri di oggi?
«Di avere più rispetto per le donne e di avere maggiore fiducia nella collaborazione con loro».
Quanto è importante, a suo avviso, la "tenuta" del ruolo paterno all'interno delle coppie separate? Quali i consigli in particolare a questi padri?
«In questi anni molti padri hanno portato con forza alla luce la questione ‘paternità', spesso oscurata dalla pratica e dalla retorica del ruolo paterno distinto, anzi opposto a quello materno. Un numero sempre maggiore di padri si è trovato a lottare per essere riconosciuti come genitori presenti fin dal concepimento nella vita dei figli e in grado di assolvere anche a compiti, doveri e responsabilità a torto credute non tradizionali, tutto ciò che per loro convenienza o per necessità era stato affidato per millenni alle madri. La separazione tra genitori dà ai padri la possibilità di tirar fuori competenze mai prima immaginate, ma se le modalità di separazione sono bellicose e salta la collaborazione tra padre e madre anche se separati, inizierà una competizione senza esclusione di colpi tra i genitori che avrà effetti disastrosi per loro e per i figli. Senza nascondere o sottovalutare la sofferenza che comporta per bambini e ragazzi la separazione tra i genitori, va ricordato che la vera differenza non è tra i figli di separati e quelli di coppie unite, ma tra i figli di coppie gravemente conflittuali e non. E' la qualità delle relazioni tra i genitori che fa la differenza. I figli di genitori separati non sono una categoria speciale ma possono diventarlo se l'astio, il rancore e la sofferenza accecano i genitori al punto di interrompere ogni dialogo e riducono la comunicazione allo scambio di messaggi ostili (a questo mi riferisco quando parlo di ‘coppie gravemente conflittuali'). Ma anche gli stereotipi e i pregiudizi sulla separazione ancora diffusi nella nostra cultura, le procedure legali di separazione bellicose e costose psicologicamente ed economicamente, possono fare di genitori e figli delle "categorie speciali". Ripeto, una separazione non conflittuale prevede il mantenimento dei ruoli paterni e materni in stretta collaborazione. Separati ma genitori insieme ancora».