Venerdì 18 Febbraio 2011 - Libertà
I cristiani e l'unità d'Italia
"Il Belpaese": conferenza dello storico Alberto Melloni
piacenza - Le celebrazioni dell'Unità d'Italia come occasione di conoscenza e non di consolidamento di stereotipi. È quanto ha auspicato lo storico Alberto Melloni, intervenuto all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano nell'ambito del ciclo "Il Belpaese", organizzato in collaborazione con il liceo scientifico "Respighi". A introdurre l'incontro, il vicario episcopale monsignor Giuseppe Busani.
Il titolo della conferenza, "Cristiani d'Italia", coincide con quello di una prossima pubblicazione edita dalla Treccani, con la partecipazione di 106 studiosi, coordinati appunto da Melloni, il quale ha voluto dedicare l'opera al suo concittadino monsignor Luciano Monari, oggi alla guida della diocesi di Brescia: «È stato il prete della mia giovinezza ed è un sacerdote al quale sono molto legato» ha spiegato. Il libro è in corso di stampa, ma quella piacentina è stata una sorta di presentazione in anteprima: «Mi piaceva cominciare da Piacenza per un motivo sentimentale. È stata la prima diocesi di cui è stato vescovo monsignor Monari».
Melloni ha quindi ricordato come il volume cerchi di liberare il complicato nodo dei rapporti tra Stato e Chiesa da sovrastrutture interpretative, «delle quali è gravato ogni tema della storia d'Italia». Facile che si commetta l'errore di applicare categorie anacronistiche: «Il Risorgimento che fa l'unità è un Risorgimento di possidenti e di chi ha il censo per votare; tutti gli altri stanno all'uscio. L'idea di democrazia per la quale si combatte è coerente con i paradigmi dell'Ottocento, ma non la si può importare rendendo tutti uguali, da Cavour a De Gasperi, da De Gasperi a Moro».
Attenzione alle ricorrenti ondate di retorica: carducciana, di fine Ottocento, del 1911, quando si affermava che «questo grande Paese si era costruito a dispetto di forze avverse, come la Chiesa e il papato». A riprova, Melloni ha ricordato le parole del canto garibaldino e mazziniano ripreso da Marco Bellocchio all'inizio del film Vincere: «Scandiva "Con le budella dell'ultimo Papa strangoleremo l'ultimo re", il che non era un modo particolarmente democratico e libertario di affrontare la questione, né della monarchia, né del papato».
Per lo storico, anche la ricorrenza del centenario, nel 1961, è stata inficiata dalla retorica, «consacrando la data balorda del 17 marzo, quella della legge 1 approvata dal parlamento con cui si stabiliva la nascita del Regno d'Italia». Per Melloni sarebbe stato più significativo festeggiare il 18 febbraio, giorno della riunione del primo parlamento italiano: «Ma era il compleanno di Ruini - ha scherzato - e forse non si sono volute sovrapporre troppe feste».
Tra gli abbondanti stereotipi sui quali fare chiarezza, uno su tutti è quello che «l'unità nazionale sia avvenuta in rottura con i cattolici. È vero che, dal 1848 in poi, il papa, Pio IX, non ha preso bene il processo unitario e aveva il grilletto della scomunica un po' facile. C'è stata dunque una frattura, ma studi più approfonditi dimostrano che i parroci hanno avuto, tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima guerra mondiale, un'enorme funzione nella selezione della classe dirigente». Melloni ha inoltre ripercorso i tentativi per trovare un punto d'intesa rispetto alla rottura ufficiale tra il Vaticano e il Quirinale, avviati già nel 1890-93 dai prelati «più intelligenti, come il cardinale Rampolla».
Anna Anselmi