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Sabato 12 Febbraio 2011 - Libertà

Testimone del tempo - Tra passato e presente, tra costume e moda, la giornalista e scrittrice ha intrattenuto e coinvolto il folto pubblico

E' una bella serata, leggera leggera, come quei vermut che si gustavano una volta, perché Lina Sotis (ospite l'altra sera in Fondazione nell'ambito della rassegna "Testimone del tempo") una vita al Corriere della Sera, autrice di diversi libri (Il nuovo Bon ton è un libro che hai spesso voglia di aprire, anche dopo averlo già letto), sollecitata con garbo da Angela Martinetti responsabile delle pagine culturali di Libertà e dal critico Eugenio Gazzola tra passato e presente, tra costume e moda, dai quotidiani a Internet, intrattiene e coinvolge il folto pubblico in sala con levità e con una cortesia rara e autentica e illustra il suo sito Tranquilla. it, giornale on line ricco di consigli e utili dritte per affrontare la vita di tutti i giorni: «In un anno - dice - ho avuto modo di registrare più di 90mila contatti; intervengono anche esperti e consulenti miei amici che volontariamente si mettono a disposizione dei lettori e delle lettrici per rispondere alle loro domande. Si occupano di consulenza legale, affari di famiglia, cibo, bellezza e benessere, tempo libero e architettura, ed io affronto gli stessi argomenti».
Con la precisione e l'ironia che la contraddistinguono, aggiungiamo noi. «Altri ospiti - prosegue - danno poi il loro contributo con consigli su come vivere al meglio mentre gli utenti partecipano inviando i loro aforismi, le loro riflessioni; siamo una piccola-grande comunità e sono certa che avremo modo di crescere ulteriormente perché Internet è la nuova frontiera, un viaggio senza ritorno, il futuro, un modo di comunicare».
Ma non c'è solo il sito, ci sono i tanti anni vissuti nel cuore del giornalismo italiano, nella sede del Corriere della Sera di via Solferino. Lina Sotis è una delle più grandi interpreti del costume degli italiani dagli anni del boom insieme a Camilla Cederna e a Natalia Aspesi. Bon ton le ha cambiato la vita nei primi anni Ottanta: il libro arrivò a una tiratura di 150mila copie. Ma di cosa si tratta? «Non si può avere senza essere educati - spiega - ma si possono applicare diligentemente tutte le regole della buona educazione e non avere bon ton, cosa di seria importanza sebbene possa manifestarsi in pure frivolezze». E il riferimento va a Leopardi quando sostiene che "dove il buon tono della società non v'è o non si cura, quivi la morale manca d'ogni fondamento e la società d'ogni vincolo, fuor della forza, la quale non potrà mai né produrre i buoni costumi né bandire o tenere lontani i cattivi".
E allora Lina Sotis aggiorna nel 2005 il suo dizionario delle buone maniere ma gli anni Ottanta sono lontani e il "Mondo Cafonal" di Dagospia una tragica ma inevitabile realtà. E nella nuova edizione vengono riportati gli status symbol del terzo millennio. I telefonini: «O suonano troppo o non suonano affatto, entrambe le cose danno ansia e raramente c'è la giusta via che consente di considerarlo solo per quello che è: un oggetto comodo che, se usato con discrezione e cautela, può aiutarci in molte situazioni. In questo modo normalmente lo usano solo i cafoni che lo lasciano acceso quando vogliono e rispondono solo a chiamate conosciute». E poi zapping: «Una nevrosi da single. Non va esposta né in famiglia né in società». E ancora: «Un seno rifatto si riconosce al volo, mettendo in crisi tutto quello che c'è di vero in quel corpo. Non ne posso più di donne con le scollature esagerate, altro che Vallettopoli, questa è Tettopoli».
E' disarmante e straordinariamente sincera quando racconta gli anni vissuti al Corriere d'Informazione: «Facevo il turno che cominciava alle sei, per poter stare il pomeriggio con i miei figli. Ho conosciuto un mondo che non avrei mai visto da vicino: lattai, fornai, spazzini». Di Ferruccio De Bortoli, attuale direttore del Corriere, ricorda: «Me lo affiancarono. Aveva 23 anni. Era un giovane biondo e bravo. Siamo stati compagni di scrivania otto anni. Poi ha fatto carriera».
Racconta di Vogue e dei fotografi «arroganti più dei peggiori mariti che terrorizzavano le modelle» e parla della stagione di Amica: «Eravamo tredici giornaliste tutte con minigonne vertiginose. Un giorno il direttore mi disse di coprirmi le gambe. Da allora in redazione solo pantaloni». E infine sui salotti: «Non è più tempo. Le donne lavorano e Milano e Roma hanno perso tanto. Nella capitale resistono ma sono centri di potere più che di cultura e di intrattenimento». La caduta dell'Impero?

Mauro Molinaroli

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