Mercoledì 9 Febbraio 2011 - Libertà
Sotis: «Come siamo e come eravamo»
La giornalista, in quarant'anni di carriera, ha anticipato avvenimenti, mode ed eventi
Adorabile signora d'altri tempi, adorabile e incantevole nei modi e nell'ironia Lina Sotis che giovedì alle 21 sarà ospite della Fondazione di Piacenza e Vigevano, con un incontro aperto alla cittadinanza sul tema "Il costume degli italiani, dalla stampa a Internet" nell'ambito dell'iniziativa Testimone del tempo. Dal fascino e dalla suggestione dei rotocalchi a Facebook, dal quotidiano come motore dell'informazione a Google, e poi tutti gli aspetti che hanno caratterizzato il nostro Paese dal boom economico ai giorni nostri. Insomma, una serata per capire come siamo e come eravamo.
Ironica, garbata, attenta alle evoluzioni di questa Italia che ha perduto identità e certezze, passa con raffinata classe dal "bunga bunga" («Siamo prigionieri di una società che non ha più punti di riferimento») alla necessità di ritrovare una nuova spiritualità («l'impero sta per crollare, dietro l'angolo potrebbe esserci un nuovo spiritualismo»). Il suo Bon ton negli anni Ottanta ha fatto epoca, è entrato nei salotti italiani e più che un manuale di comportamento ha messo in luce tic, manie, smanie e abitudini.
Lina Sotis ha studiato il costume di casa nostra e insieme a Camilla Cederna e Natalia Aspesi è una delle intelligenze più vive nel settore della moda e dei nostri gusti.
Camilla Cederna e lei, due straordinarie e inimitabili giornaliste, è d'accordo?
«La ringrazio. Camilla con il suo Lato debole ed io con il mio Bon ton abbiamo messo in luce aspetti e caratteristiche di un Paese che aveva un'identità, un'anima. Abbiamo anticipato, coi nostri interventi, avvenimenti, mode ed eventi che poi hanno avuto modo di trovare una realizzazione concreta. Oggi c'è il "Mondo Cafonal", quel mondo che Roberto D'Agostino racconta così bene su "Dagospia" ma che è anche inquietante, un cielo capovolto».
Leggendo i suoi articoli e le sue intuizioni è evidente che c'è una grande passione per la scrittura, per il giornalismo, una curiosità straordinaria.
«La mia avventura giornalistica ha inizio negli anni Sessanta, avevo 24 anni, due figli piccoli e ho cominciato a occuparmi di moda per Vogue, quindi ho proseguito la carriera giornalistica entrando nella redazione di Amica, dove ho lavorato come redattrice di moda fino al 1974, quando sono passata a Gioia. Dopo un breve periodo al Corriere d'Informazione, nel 1978 fui assunta al Corriere della Sera e fu la mia fortuna. Abbandonati i femminili per la passione del quotidiano feci tutta la gavetta: brevi, radio e tv, tipografia alle sei di mattina. Al Corriere d'Informazione il mio turno iniziava alle sei e terminava alle 13.15. Potevo stare con i miei figli tutto il pomeriggio».
Ma i suoi genitori che futuro sognavano per lei?
«Ho potuto scegliere il mio lavoro senza ostacoli pur nelle difficoltà. Mia madre è morta di parto quando sono nata. Si chiamava Lina e sembra adorasse scrivere, era laureata in lettere moderne e traduceva il greco dal latino e viceversa. Si chiamava Storoni ed apparteneva ad una forte famiglia liberale. Mio padre era Gino Sotis, un famosissimo avvocato divorzista quando il divorzio non esisteva. Fece annullare i matrimoni di Claretta Petacci, Roberto Rossellini, De Sica e di tutte le più belle e ricche signore dell'epoca. Dopo averne annullate le nozze le portava in viaggio di dimenticanza. Viveva in una villa fuori Roma. Io sono nata a Roma».
Nel 1983 arrivò Bon ton e la sua vita ebbe una svolta…
«E' vero. Fu un successo. Come ho scritto nella prefazione alla nuova edizione aggiornata, il bon ton è la grazia del saper vivere, la leggerezza dell'esistere. Gesti, parole, silenzi, sorrisi, atteggiamenti che ci raccontano nel modo migliore agli altri. Bon ton uscì in una prima edizione nel 1983. Era un libro agile, ironico, niente a che fare con un rigido galateo, ebbe uno strepitoso successo. Sono cambiati i tempi, è cambiata la società. Resiste, oggi come allora, la certezza che con un po' di bon ton noi tutti vivremmo meglio».
Al Corriere lei sorprese il suo direttore, Franco Di Bella, con la lettera sulla solitudine dell'amante. Un successo clamoroso.
«E' vero. Il direttore Franco Di Bella, dopo la lettera dell'anziano innamorato pubblicò, in prima pagina, la lettera sulla solitudine dell'altra che era poi l'amante, il giorno di Natale. Io avevo avuto l'idea, Di Bella che era un cronista vero con un fiuto straordinario la fece propria e insieme ad Adriana Mulassano scrissi questa storia. Ne parlò tutta Italia».
Com'è nata l'idea di aprire un sito?
«Dopo quasi 40 anni di lavoro, la pensione. Addio agli amici e al mio Corriere. Occorreva un'idea nuova. Non era più il tempo delle amanti e delle signore, c'era il web. Così è nata www. tranquilla. it. Sinceramente anche questo è stato un colpo di fortuna, perché ero stata infatti contattata dalla Famebridge che voleva aprire un sito sul bon ton, mi sono limitata ad allargare gli orizzonti. C'è partecipazione, interesse. Il sito è aperto a tutti coloro che vogliono scrivere, in poco tempo ho registrato più di 20mila connessioni e ho scoperto che la gente ha voglia e bisogno di parlare, raccontarsi, scrivere, anche in sole tre righe. Dobbiamo riappropriarci anche dei nostri sentimenti e la rete ce lo consente».
Mauro Molinaroli