Giovedì 10 Febbraio 2011 - Libertà
La compagnia americana diretta da Rhoden e Richardson al Municipale per la stagione di balletto: tre coreografie da incorniciare
piacenza - Terzo incontro della stagione di danza comunale proposta da Fondazione Teatri di Piacenza al Teatro Municipale: domenica pomeriggio sul palco è salita la compagnia americana Complexions Contemporary Ballet, fondata dal coreografo Dwight Rhoden e dal ballerino Desmond Richardson. Una compagnia molto particolare, che mette al centro delle sue performance l'universalità e la celebrazione di tutte le diversità, per abbattere ogni "muro" di ostilità e diffidenza. Lo spettacolo è stato presentato dallo storico della danza Stefano Tomassini, con una breve intervista al Ridotto del Municipale al maestro di ballo e al manager della compagnia, Jae Man Joo e Michael J. Moore.
«E' necessario pensare al movimento come al mondo moderno, in continua evoluzione. La danza contemporanea mette insieme storia e modernità, così come la compagnia mette insieme danzatori provenienti da diverse culture, creando movimenti e coreografie sempre più fluide e mutevoli»: questa è la filosofia alla base della "Complexions", dichiarata da Jae Man Joo e ben visibile in ogni loro esibizione.
Dopo questa breve introduzione, lo spettacolo finalmente ha avuto inizio: il sipario si è aperto su ballerini eterei, vestiti di bianco. La prima parte dell'esibizione, Mercy, è un estratto di un lavoro più lungo e complesso: Dwight Rhoden ha creato le sue coreografie su canti religiosi di varia provenienza. Un pezzo che simboleggia la spiritualità restituita all'uomo, la forza della dimensione mistica presente in ognuno, in ogni cosa, più grande di una singola religione. I ballerini incarnano perfettamente questa potenza, lo spirito comune che raggruppa, nell'estasi e nell'energia, ogni "credo", di oggi e della Storia. I costumi sono leggeri, quasi impalpabili, candidi e puri, in perfetto contrasto con l'allestimento scenografico: un fondale rosso, una cascata di fuoco che si apre per far uscire creature celesti e demoni, streghe e spiriti, come un grande "sabba" ballato dagli angeli.
Le melodie si succedono senza interruzione, e senza interruzione gli eccellenti danzatori ballano e corrono sul palco, destreggiandosi tra canti gregoriani ed invocazioni orientali, riuscendo a trasporre in danza persino gli incitamenti di un predicatore, grazie alle straordinarie doti di Desmond Richardson, vero "animale da palcoscenico", i cui assoli sono probabilmente le performance più coinvolgenti ed apprezzate dell'intera coreografia.
Hissy Fits, il secondo pezzo, è un'interessante binomio tra danza contemporanea e musica classica: infatti, la coreografia di Rhoden è costruita su brani di Johann Sebastian Bach. Una coreografia che vuole rappresentare l'Amore, ma ancora una volta nella forma più universale del termine: dolcezza e frustrazione, gioia e dolore, tutti gli aspetti che possono ricorrere in un rapporto, non necessariamente con un lieto fine. Le coppie di ballerini si alternano sul palco, esplicitando con i corpi e i gesti tutte le relazioni possibili: brevi e fugaci incontri, o la passione che dura tutta una vita. E poi, il finale corale, come se in fondo tutte le coppie del mondo, anche nelle loro unicità, fossero uguali, nei loro momenti di felicità e nei loro turbamenti, mentre le luci si abbassano sul palcoscenico, a restituire ad ogni storia la propria intimità.
L'ultima esibizione è la più attesa: Rise, sulle canzoni degli U2. Una coreografia che vuole restituire al pubblico l'energia di questi brani, la gioia del ballo e un augurio, forse, per un viaggio che vada a buon fine. Infatti, l'esibizione inizia con una corsa: «Where the streets have no name», perché non importa quale sia la meta, l'importante è il viaggio stesso. Tanti compagni di avventura, fasciati in costumi rosso fuoco, che si incontrano e si lasciano, percorrono un tratto di strada insieme e poi si allontanano, per ritrovarsi poi tutti insieme a cantare e ballare, per celebrare la gioia della danza, per la felicità di essere insieme, in un tutt'uno tra uomo e musica.
Si continua con Elevation, in una versione live registrata proprio in Italia, a Milano, e che trasforma per qualche minuto il Teatro Municipale in uno stadio: il pubblico infatti intona ogni parola delle canzoni, accompagna con applausi e incitamenti ogni movimento. Incredibili le "ombre cinesi", create dagli stessi corpi dei ballerini contro il fondale illuminato, in unisono perfetto. Si prosegue con I still haven't found what I'm looking for, Vertigo, Pride (In the name of love") , in un evolversi di corse, salti, "acrobazie" coreutiche da perdere il fiato, fino all'esplosione finale: Beautiful day. Gli applausi e i complimenti del pubblico, più che entusiasta, sono iniziati insieme alle prime note della canzone, e sono continuati incessanti fino agli inchini e ai saluti finali degli ottimi danzatori, chiamati per quattro volte alla ribalta dalle urla di approvazione degli spettatori, che non smettevano di applaudire nemmeno a sipario chiuso.
Valentina Zilocchi