Venerdì 10 Settembre 2004 - Libertà
Municipale, con Nabucco è qui la festa
Stasera l'allestimento dell'opera verdiana firmato dalla Fondazione Toscanini apre la stagione del bicentenario. Sul podio Daniel Oren, Maestri protagonista, regia di Panizza
Signore e signori, stasera alle 20.30, al Teatro Municipale, andrà in scena lo spettacolo lirico più atteso che le cronache piacentine ricordino da anni (chi lo perderà oggi, potrà rifarsi domenica alle 15.30 o mercoledì alle 19 in compagnia del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che siederà quella sera nel Palco Reale). Il nostro amato Municipale, uno dei teatri lirici di tradizione più belli d'Italia, compie quest'anno i suoi primi due secoli e la Fondazione Arturo Toscanini festeggia l'occasione solenne col "Nabucco", l'opera più celebre e amata del giovane Giuseppe Verdi, col direttore Daniel Oren alla guida dell'Orchestra Toscanini, una compagnia vocale di stelle con Ambrogio Maestri, Andrea Gruber, Pata Burchuladze e Nazareno Antinori, il coro del Municipale diretto da Corrado Casati, la regia e le scene di Paolo Panizza.
Tutti gli ascoltatori, anche i meno esperti d'opera, conoscono e amano il "Nabucco" (originariamente, e più propriamente, "Nabucodonosor") per "Va' pensiero", uno dei cori più famnosi e amati di tutti i tempi. Ma c'è molto altro nel libretto disordinato e genialoide di Temistocle Solera (che attinge un po' alla Bibbia tradotta da Giovanni Deodati, un po' al dramma francese "Nabuchodonosor" di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu, un po' al "ballo storico" di Antonio Cortesi sullo stesso soggetto), già rifiutato dal musicista prusssiano Otto Nicolai, e soprattutto nella musica di Verdi che si confronta per l'ultima volta con la lezione di Rossini (il "Mosè" francese, soprattutto) per superarla di slancio in drammaticità e concitazione, con una musica arrembante fin dalla "Sinfonia" ma già capace di finezze (la scena di follia di Nabucco, l'agonia che conclude la parte di inumana difficoltà di Abigaille) di altisssimo teatro musicale, che già prefigurano il "Macbeth". Nella vita di Verdi, tutto cambiò col trionfale debutto di quest'opera (ma a essere bissato più e più volte, alla prima, non fu "Va' pensiero", ma "Immenso Jehova"): il giovane compositore conobbe, in un colpo solo, il successo e la compagna della maggior parte della sua esistenza: il soprano Giuseppina Strepponi, la prima Abigaille.
LA TRAMA Atto primo: "Gerusalemme". All'interno del tempio di Salomone, i sacerdoti ebrei e i leviti invitano le vergini a pregare, perché Nabucco, re degli Assiri e dei babilonesi, ha attaccato gli Ebrei. Il sommo sacerdote Zaccaria esorta il suo popolo a sperare perché Fenena, figlia di Nabucco, è nelle loro mani. Ma Ismaele, nipote del re di Gerusalemme, annuncia che Nabucco, furibondo, si sta avvicinando al tempio. Zaccaria affida Fenena a Ismaele, innamorato della fanciulla, Abigaille, la giovane che tutti credono primogenita ed erede di Nabucco ed è innamorata a sua volta di Ismaele, si infuria nel sorprendere i due amanti ed è lei a guidare la carica dei Babilonesi nel tempio ebraico. In una scena drammatica, Zaccaria affronta Nabucco, minacciando di uccidere Fenena se il tempio sarà profanato. Ma è Ismaele a fermare il colpo mortale.
Atto secondo: "L'empio". Abigaille scopre di non essere davvero figlia di Nabucco, ma figlia di uno schiavo: per questo il re le ha impedito la successione al trono, preferendole Fenena. Ma la giovane Anna rivela che Fenena si è convertita al Dio di Israele ed è ormai un'ebrea. Abigaille, acclamata regina dai babilonesi, intima a Fenena di renderle la corona, ma Nabucco, a sua volta, gliela strappa dalle mani della figliastra usurpatrice e, in un accesso d'orgoglio, si proclama Dio: ma un fulmine si abbatte sul re, che, sconvolto, cade a terra.
Atto terzo: "La profezia". Nabucco ha perso il senno e Abigaille gli fa firmare un ordine di sterminio per tutti gli Ebrei. Il re firma ma quando, rendendosi conto di aver condannato anche l'adorata Fenena, tenta di tornare sui propri passi, Abigaille lo fa rinchiudere nelle sue stanze. Intanto, gli Ebrei costretti ai lavori forzati sulle rive dell'Eufrate si commuovono pensando alla patria lontana: è il momento di "Va' pensiero".
Atto quarto: "L'idolo infranto". Nabucco vede Fenena condotta al patibolo. Disperato, implora il Dio di Israele; e subito, miracolosamente, il suo vigore fisico e mentale torna integro a tal punto da permettergli di evadere. Proprio nel momento in cui Fenena
sta per essere sacrificata all'idolo di Belo, irrompe Nabucco a rovesciare l'idolo e a impedire il martirio della figlia. Abigaille si avvelena e muore implorando la misericordia di Dio.