Domenica 12 Dicembre 2010 - Libertà
Giovani e cibo, problema culturale
Corretti stili di vita e salute sotto la lente in un convegno organizzato dallo Svep. Studenti impegnati nei prossimi mesi in un progetto di educazione alimentare
"Quando c'è la salute c'è tutto" sosteneva un vecchio adagio. Ma oggi i giovani come si avvicinano al tema della salute? È una domanda provocatoria quella che Giuseppe Magistrali ha rivolto ieri mattina agli studenti dei licei "Gioia", "Respighi", "Colombini" e "Cassinari", ma a cui, nello stesso tempo, ha fornito anche una risposta: è il progetto "Pensaci prima", presentato ieri mattina all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano e organizzato da Svep e dalle associazioni "Vivi con stile", "Don Franco Molinari", "La pecora nera" e Vigili del Fuoco sezione Piacenza insieme ad altri partners e con il patrocinio del Comune e della Provincia di Piacenza.
Sotto i riflettori è andata un'iniziativa volta a recuperare e promuovere la cultura dei corretti stili di vita tramite una campagna di informazione e prevenzione "costruita" ad hoc dagli studenti delle scuole superiori affiancati dai volontari delle associazioni promotrici: ma la vera novità, come ha evidenziato il presidente di "Vivi con stile" Dino Giorgi-Pierfranceschi, è che «saranno gli studenti i veri protagonisti del progetto, coloro che sceglieranno strategie e strumenti idonei a costruire delle campagne di sensibilizzazione per i loro coetanei». Una vera iniziativa «dei giovani per i giovani», come l'ha definita l'assessore Giovanni Castagnetti, è quella che ieri ha preso il via e che vedrà impegnate cinque classi nella realizzazione di un progetto di educazione alimentare nei prossimi mesi: «Stiamo lavorando in tanti ambiti perché possiate avere tutte le carte in regola per governare questo mondo nel migliore dei modi, dato che in futuro toccherà a voi» ha spiegato Castagnetti. Uno degli ambiti è proprio quello della salute e della dieta, che «identifica uno stile di vita, un'insieme di pratiche e abilità che le popolazioni hanno imparato e fatto proprie», come ha evidenziato il giornalista Alberto Grossi: «Il cibo è identità e racconta di noi» ha spiegato, «mangiare una fetta di coppa equivale a cibarci di un pezzo della nostra storia; e allo stesso modo il panettone non è solo un impasto di burro e canditi, ma rappresenta anche la vera idea del Natale. Sono prodotti, questi, che quando furono introdotti rappresentarono delle autentiche innovazioni, così riuscite da trasformarsi in tradizioni: tutto questo è cultura».
E proprio come tale, il cibo è soggetto a simbolizzazioni, attribuzioni di significati "altri" che risultano inesprimibili. Esemplari al proposito sono i casi riportati dalla dottoressa Elena Uber di tre donne che «hanno scelto deliberatamente di articolare la loro relazione col cibo in un legame che va dal digiuno all'abbuffata». Le anoressiche di oggi mi sembrano le eredi eterne di chi cerca di oltrepassare i confini della materia, di quelle mistiche medioevali che si votavano a un'inedia prodigiosa, a uno slancio ascetico» ha spiegato Uber.
Si è invece occupata del cibo come «fonte di salute, nutrimento e sicurezza» la nutrizionista Monica Maj che, con il suo intervento, ha sancito la fine dell'incontro e aperto la strada alle prime fasi di un progetto volto a unire in modo originale giovani e salute.
Betty Paraboschi