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Mercoledì 15 Dicembre 2010 - Libertà

Molinaroli racconta Piacenza

Forte legame con la città nell'ultimo libro, lo ha presentato Gianni Rivera

di BETTY PARABOSCHI
"Piacenza era la sua città e la sarebbe sempre stata". È parafrasando una celebre frase tratta dal film Manhattan di Woody Allen che si può comprendere quale sia il rapporto tra Piacenza e Mauro Molinaroli: un legame stretto, indissolubile, come quello che si può creare fra amici che si comprendono perfettamente, al primo sguardo. Mauro Molinaroli conosce profondamente Piacenza, la sa capire e soprattutto la sa raccontare: lo ha fatto tante volte con libri che paiono davvero "album scritti del tempo ritrovato" e lo ha fatto anche stavolta con la sua ultima fatica letteraria, Il tempo fa il suo giro, che ieri pomeriggio è stata presentata all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano dal giornalista di Libertà Giorgio Lambri e dal presidente del Settore giovanile e scolastico della Figc, ma soprattutto mitico numero 10 del Milan e della Nazionale, Gianni Rivera. E sono stati tanti i piacentini che ieri si sono stretti intorno all'"amico Mauro", a cominciare dal sindaco Roberto Reggi che ha dichiarato all'inizio della presentazione: «Ho voluto essere presente per amicizia con Mauro. So di avere in lui la visione della città e di chi l'ha vissuta da sempre, da bambino e in età adulta. Gli sono grato perché dà emozioni con le sue storie e le dà in maniera diretta e molto sincera».
Ed in effetti la capacità di Molinaroli di raccontare Piacenza, in quegli anni che vanno dal 1955, anno di nascita del giornalista-scrittore, al 1993, anno in cui Tangentopoli travolge il Paese e il Piacenza arriva per la prima volta in serie A, risulta straordinaria e stupefacente: «È una città in bianco e nero quella che Mauro descrive, con le icone inossidabili del passato» ha spiegato Lambri, «nel voltarsi indietro per raccontare quella che per lui è una città e anche una musa, Mauro usa delle caratteristiche sue».
«Io questa città l'ho vissuta, l'ho attraversata e ho cercato di capirla: ho cercato di capire i tanti personaggi ed è questo il vento che fa il suo giro, sono le tante storie che ho deciso di narrare», ha dichiarato Molinaroli. «Io non sono uno storico: cerco di raccontare delle cose, sperando di scriverle bene. Però credo che, come sosteneva Edmondo Berselli, sia necessario essere rigorosamente legati alla memoria: io credo che sia giusto fissare questo passato perché lì c'è ciò che noi eravamo». Da lì nasce allora questo tempo che fa il suo giro, da una serie di ricordi e sensazioni, come «un concerto di De Andrè in cui lui cantava Creuza de' ma, una canzone di Vecchioni, un film di Giorgio Diritti che si intitola Il vento fa il suo giro». «Ho pensato che la nostra vita è fatta di emozioni e storie e cercato di capire che cosa fosse cambiato», ha chiarito l'autore. E ovviamente, in questa storia vorticosa di cultura e quotidianità, musica e spettacolo, non manca lo sport: «Sono contento che Gianni Rivera sia qui perché io lo ammiravo infinitamente quando avevo 15 anni» ha aggiunto Molinaroli. Ed in effetti, per lui ma anche per gli italiani tutti, Rivera ha rappresentato una vera e propria leggenda vivente, fin da quello storico gol che 40 anni fa, in Italia-Germania 4-3 nel Mondiale messicano, lo immortalò come uno dei protagonisti della storia sportiva del nostro Paese: «Ho capito dopo cosa volesse dire quel gol - ha ricordato l'ex calciatore -, per gli italiani è stato un fatto straordinario. Oggi il mondo del calcio è cambiato: i calciatori sono delle imprese occupate dalla pubblicità. Allora noi non potevamo farla, c'era un'attenzione ferrea da parte della Federazione; col tempo invece i soldi della televisione sono diventati l'interesse maggiore e io credo che questo dovrebbe preoccupare».

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