Mercoledì 8 Settembre 2004 - Libertà
Panizza: "Nabucco, tra suggestioni e sobrietà"
Stagione Lirica. Parla il regista e scenografo del melodramma al quale assisterà il Presidente Ciampi
Nell'Italia del Seicento, il melodramma nasce come festa di corte (è questo, tra parentesi, il motivo per cui, prima che il Romanticismo facesse irruzione con le sue storie d'amore e morte, il "lieto fine" era nel codice genetico dell'opera seria italiana).
Da Mantova a Firenze a Venezia, le moltissime città della Penisola che hanno l'orgoglio di essere capitali di qualche cosa celebrano se stesse in quel santuario civico che è il teatro dell'opera, con una forma di spettacolo su tutte solenne e trascinante: il "teatro cantato" che riassume in sé tutte le arti.
Se ci facciamo caso, è qualcosa del genere che sta per avvenire nella nostra città col Nabucco di Giuseppe Verdi che aprirà la stagione lirica del Teatro Municipale venerdì 10 alle 20.30 (con replica domenica 12 alle
15.30 e mercoledì 15 alle 19) in una produzione della Fondazione Arturo Toscanini, col direttore Daniel Oren alla guida dell'Orchestra Toscanini, il Coro del Municipale diretto da Corrado Casati e una compagnia di canto assolutamente stellare (Ambrogio Maestri, Andrea Gruber, Paata Burchuladze, Nazareno Antinori).
Un grande sforzo produttivo per salutare il bicentenario della fondazione di un simbolo dell'orgoglio piacentino come il Municipale, con tre recite culminanti nella "regia rappresentazione" di mercoledì 15 davanti al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e con la scelta di una delle opere più note di Verdi, nume tutelare delle nostre terre come forse nessun altro artista è stato.
A firmare regia e scenografia di questo evento teatrale che si prefigura come una vera e propria solennità civica è Paolo Panizza, quarantenne veronese che - si può dire - nasce al teatro con una Mamma e un Papà che, a prima vista, non si potrebbe immaginare più diversi. La prima è l'Arena, il grande teatro lirico della sua città in cui il Nostro ha debuttato quattordicenne come comparsa nell'Aida ("Facevo il soldatino con tanto di lancia", ricorda lui sorridendo) e in cui ha lavorato per anni, impressionando la dirigenza della Fondazione Toscanini con una versione di La Traviata (nata semiscenica e da lui trasformata, di fatto. in scenica tout court) che gli ha fruttato questo ingaggio piacentino.
Il secondo è invece Pier Luigi Pizzzi, il più raffinato "stilista" delle nostre scene liriche, di cui il giovane veronese è stato assistente per vent'anni. "Ma non penso che ci sia un contrasto insanabile fra la tradizione "spettacolare" dell'Arena e lo stile di Pizzi - commenta Panizza - Penso, ad esempio, allo splendido Macbeth che Pizzzi fece nel '97 proprio all'Arena. E mi piace pensare che in me si fondano armonicamente queste due influenze: voglio creare allestimenti di grande respiro spettacolare che però abbiano una loro sobrietà, senza cedimenti al Kitsch. E, con questo importantissimo Nabucco, spero di esserci riuscito".
Sulla questione spinosa delle "ambientazioni", Panizza ha le idee chiare: "Ho voluto rifiutare tanto la "cartolina" ottocentesca quanto le attualizzazioni di cattivo gusto - spiega - Per questo ho voluto un Nabucco fuori dal tempo, in cui risaltano solo la drammatica vicenda di un re e del popolo che egli vorrebbe opprimere ma da cui viene convertito. Contro la logica dei "fondali" ho concepito il teatro come una scatola vuota, che contiene solo azione. Ma, in omaggio all'insegnamento del grande teorico del teatro Adolphe Appia, questa scatola vuota diventa una "scatola magica" in cui faccio uso dei sistemi più sofisticati che la scenotecnica contemporanea mi offre: macchine teatrali di ogni genere, ponti mobili, i cantanti che eseguono le loro
arie "imbragati" e sospesi nel vuoto, i movimenti "aeree" della compagnia di acrobati Sonics, le comparse messe a dura prova dalle coreografie di Livio Privitera che le fanno muovere come un corpo di ballo, le masse corali sempre in movimento. Sarà un Nabucco molto dinamico, che rifletterà una mia passione che non ho remore a confessare: quella per il cinema d'azione di qualità".
Alfredo Tenni