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Domenica 9 Gennaio 2011 - Libertà

«Caravaggio? Dipingeva la danza»

Intervista al ballerino e coreografo Levaggi oggi al Municipale

piacenza - Ballerino e coreografo: ecco ingiustamente riassunta in due parole l'esperienza decennale di Matteo Levaggi nel mondo della danza. Un'esperienza che lo ha portato da Torino fino ai più importanti teatri del mondo, e che gli ha consentito di lavorare con i più grandi professionisti del settore. Nato artisticamente al Balletto Teatro di Torino, passando per Aterballetto fino alla scelta di una carriera libera, Levaggi è conosciuto come un artista innovativo e particolare, in grado di creare degli spettacoli originali e molto apprezzati. A Piacenza arriva con la compagnia che lo ha "cresciuto", il Balletto Teatro di Torino di Loredana Furno, per presentare Caravaggio, un balletto che gioca tra vita, opere e suggestioni del celebre pittore. Lo spettacolo, il secondo appuntamento del ciclo promosso dalla Fondazione Teatri di Piacenza, andrà in scena oggi sul palco del Teatro Municipale, alle ore 16, dopo l'incontro "Invito alla danza" con l'intervista di Stefano Tomassini proprio al grande coreografo, che avrà luogo alle ore 15 al Ridotto del Municipale.
Perché scegliere di portare in scena "Caravaggio"?
«Questo spettacolo nasce nel 2004 per il Festival internazionale di balletto di Nervi. E' un progetto molto particolare, che vede la luce grazie alla collaborazione stretta di tre figure fondamentali per creare uno spettacolo del genere: il coreografo (lo stesso Levaggi), il compositore (Giovanni Sollima) e l'ideatore di scene e costumi (Roger Salas). Insieme abbiamo deciso di lavorare sulla figura di Michelangelo Merisi, il Caravaggio, ma in senso artistico, non biografico: abbiamo voluto rappresentare la sensualità dei suoi quadri, la densità fisica delle sue opere. La seduzione di Merisi è unica: è una figura forte, quasi "bestiale", perfetto come soggetto di uno spettacolo come quello che volevamo realizzare».
Perché scegliere di raccontare l'opera di Caravaggio e non la sua vita?
«E' un modo di sviluppare i miei lavori che ho già sperimentato, l'utilizzo di un andamento che non sia descrittivo o narrativo, ma piuttosto evocativo. La danza è un linguaggio che va oltre, che va al di là del semplice racconto e più in là persino di sé stessa: mi ha permesso di mettere in evidenza ciò che conta davvero».
Come ha combinato il mondo della danza e quello della pittura, due mondi apparentemente opposti?
«I quadri di Caravaggio non sono statici come quelli di molti suoi colleghi: le sue figure umane trasmettono un senso del movimento, una tensione fisica incredibili. Le tele raccolgono le sue esperienze, e le raccontano, così come fa il balletto: si trasmette la forza della giovinezza, e al tempo stesso un mondo fatto di notte, oscurità e malattia, e il suono del violoncello sottolinea perfettamente questa linea».
Qual è per lei la seduzione di Caravaggio?
«La violenza. E' ciò che più affascina del grande pittore: la sua violenza, la sua "sporcizia", anche e soprattutto mentale. Merisi è una figura molto oscura: un genio maledetto, con un vissuto quasi leggendario. E' una figura mitica, un personaggio del quale ci sono arrivate pochissime notizie certe, e questo è sicuramente il suo aspetto più suadente: l'incertezza che caratterizza la sua vita, il mistero di cui sono impregnate le sue opere. Basti pensare ai suoi quadri, quelle carni bianche che emergono dagli sfondi scuri sembrano quasi vive, reali. E naturalmente bisogna considerare il contesto nel quale si muoveva: la durezza del periodo storico, la fatica di vivere e lavorare sotto le influenze sia politiche che della Chiesa. Tutti questi elementi concorrono a creare un'aura di grande mistero e fascino».
Progetti futuri?
«La compagnia si sta preparando per una stagione impegnativa: stiamo lavorando sul nostro repertorio per portarlo all'estero. Abbiamo dei progetti in Francia, per esempio, e altri programmi in corso di definizione».

Valentina Zilocchi

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