Venerdì 3 Dicembre 2010 - Libertà
Il Risorgimento e i suoi miti
Ne parla oggi in Fondazione lo storico Mario Isnenghi
piacenza - Di miti e contromiti, di valori e controvalori, dell'identità duplice che ha contrassegnato tappe fondamentali del percorso di unità nazionale si parlerà oggi alle 18 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via S. Eufemia 12, nell'incontro "Mitologie del Risorgimento e letture diverse del processo unitario", all'interno del ciclo "Il Belpaese. Il racconto della nascita di una nazione". Interverrà Mario Isnenghi, docente di storia contemporanea all'università di Venezia, curatore della trilogia I luoghi della memoria, Laterza, di cui adesso è uscita la seconda edizione aggiornata, nonché autore di libri sul Risorgimento, come Garibaldi fu ferito. Il mito, le favole, Donzelli.
Lo scorso anno proprio a questo periodo storico aveva dedicato il saggio I passati risorgono. Memorie irriconciliate dell'unificazione nazionale, apparso nella raccolta La storia negata. Il revisionismo e il suo uso politico, a cura di Angelo Del Boca, Neri Pozza, in cui sono inquadrate criticamente le coordinate attraverso le quali si è sviluppata negli ultimi decenni la messa in discussione della narrazione risorgimentale.
«Se ci guardiamo attorno, vediamo in azione miti e contromiti: neoborbonici, clericali, leghisti» premette Isnenghi. «Qualcuno penserà che il Risorgimento stesso sia un mito da smontare e demolire». Eppure, nel linguaggio quotidiano, alle parole "mito" e "mitico" continuano a essere associati significativi positivi, di eccellenza in grado superlativo: «Personalmente suggerisco di prendere molto sul serio i miti. Noi campiamo di grandi emozioni partecipate».
Citando il sociologo Vilfredo Pareto, che aveva analizzato il mito esaminando il vocabolario politico della sua epoca, dunque termini come "lotta di classe", "rivoluzione", "proletariato", Isnenghi afferma che «un mito è vero quando funziona, trascinando l'adesione di milioni di individui». Ne consegue che «nella prima metà dell'Ottocento, l'Italia e l'unità d'Italia hanno funzionato come miti, sentiti come veri da tutti. Il mito dell'Italia unita ha prevalso contro il mito legittimista, propagato dal Congresso di Vienna, secondo il quale il potere deriva dall'alto». Il Risorgimento resta comunque azione di una minoranza e di una élite, che però - osserva Isnenghi - è più affollata rispetto a quanto avveniva in precedenza negli Stati assoluti, dove la maggior parte della popolazione era esclusa dalla politica. Conflitti tra opposti miti sono identificabili nel presente come nel passato: «Va in ogni caso chiarito come queste dinamiche appartengano al mondo della politica, non della storia, che si occupa dei fatti realmente accaduti. Due piani che devono essere sempre mantenuti ben distinti».
A questo proposito, Isnenghi riscontra analogie tra odierne prese di posizione sul Risorgimento e sul biennio 1943-'45: «Non stanno venendo fuori studi seri», sostiene. «Si registra un malessere che va capito come problema politico dell'oggi, che come al solito usa il passato, il quale però in sé non cambia». Tra gli esempi oggetto di discussione: l'effettiva natura dell'impegno del Regno di Sardegna (solo intenzionato a una conquista territoriale a vantaggio della dinastia sabauda?), il ruolo delle potenze straniere (il processo unitario come guerra di religione, fomentata dal protestantesimo?), il giudizio sul brigantaggio (criminalità comune, ribellione scatenata dalla fame, il braccio armato di una nobile causa?). Isnenghi invita a evitare distorsioni e recuperi bizzarri: «L'unità si è costituita contro i difensori degli Stati nati dopo il Congresso di Vienna. Ci credevano talmente tante persone, da essere riuscite a realizzare questo mito patriottico. Come gli angloamericani nell'Italia del 1943 potevano essere considerati occupanti e nemici vittoriosi, ma erano sentiti anche come liberatori. Spesso convivono identità duplici. Napoleone conquistava, facendo l'interesse della Francia, e contemporaneamente divulgava le istituzioni della rivoluzione francese. Gli Usa espandono i diritti di libertà nelle guerre per il mondo, ma anche le loro mire imperialistiche».
Anna Anselmi