Domenica 28 Novembre 2010 - Libertà
Milani, mondi perduti e ritrovati
A Biffi Arte aperta con successo la mostra dell'artista piacentino
piacenza - Dalle lettere alle lettere, la mostra dell'artista Giorgio Milani che ha aperto i battenti ieri pomeriggio davanti a un folto pubblico e a numerose autorità allo Spazio Biffi Arte di via Chiapponi 39 (erano presenti tra gli altri il sindaco Roberto Reggi, l'assessore alla cultura Paolo Dosi, il presidente della Camera di Commercio Giuseppe Parenti, il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Giacomo Marazzi e il presidente della Galleria d'arte moderna Ricci Oddi Vittorio Anelli) tra cultura, saggezza e ironia, è un lungo viaggio in un mondo culturale che è poi l'universo artistico dell'artista.
Perché osservando le opere esposte con un criterio logico ben preciso e con una cura dei particolari e dei dettagli davvero notevole, hai l'impressione di trovarti dinanzi a un mondo perduto e ritrovato proprio attraverso le lettere.
E allora vuoi scavare, scoprire, capire. Ergo, emergono gli eventi che hanno influenzato la produzione artistica di Milani: il ritrovamento di un epistolario d'amore (oltre mille lettere) della fine del secolo scorso e l'incontro con Gianfranco Bellora, storico gallerista milanese e grande esperto di arte visiva in Italia. E poi l'esaurirsi delle lettere d'amore nell'evanescenza della polvere con lo smaterializzarsi del testo nel ricordo e l'incontro con i Poetari che sono un'infinità di caratteri in legno usati fino a diversi anni fa nei laboratori tipografici e che hanno fatto il giro del mondo.
Sono i versi dei poeti che spiccano in volo e si poseranno prima o poi su un volto, sugli occhi di una donna, su ciascuno di noi: «Ho atteso che vi alzaste colori dell'amore e ore svelate in un'infanzia di cielo» scrive Ungaretti, e Milani ricompone a modo suo; e ancora: «I desideri tuoi rimasti tali viene un poeta e muovono le ali» scrive Ferdinando Cogni. E allora l'artista piacentino riporta con garbo.
In mostra ci sono le varianti sull'uso dei caratteri, i concetti richiamati in gioco dalla loro disposizione formale che rinforzano la presenza di più testi nel medesimo spazio di lettura e il pubblico presente ieri sera è rimasto suggestionato dinanzi alla Babele di Gutenberg, illuminata da arte grazie alla bravura di Davide Groppi. Un fascio di luci, la sala, i Poetari esposti, i rimandi culturali, le lettere che danno l'impressione di muoversi come può ondeggiare il mare tra l'Africa e la Spagna. Le parole non dette, le frasi capovolte in un cielo a sua volta capovolto, Kafka e le lettere a Milena che è forse il mito di Edipo perché la madre di Milani portava lo stesso nome.
Le parole possono essere scomposte e ricomposte, possiamo costruire un universo, un mondo, tanti mondi tra richiami poetici ed artistici. Il gioco delle lettere di Milani è poi il gioco degli specchi di Borges. Il tempo che si prende cura di una possibile convivenza tra culture in Opera aperta tra Oriente e Occidente, come dire che tra Parigi ed Istanbul tutto è possibile, le rotte del nostro tempo si perdono in un orizzonte lontano. E allora come ritrovarsi? Milani cerca una soluzione, un risvolto, un'emozione nei grandi maestri del secolo scorso, ma anche in Cervantes con il Libro dei libri. Paiono i Poetari, utopie leggere, come assunte in cielo. S'individuano, grazie a Giorgio Milani, in una cultura che non ha mai smarrito la propria rotta grazie ai grandi narratori europei e sudamericani: Marquez, Borges, Joyce, Mann, Svevo, Tolstoj. Le parole che si trasformano che cambiano pelle, che si fanno vita attraverso il segno artistico, la scomposizione e la ricomposizione, in un infinito ricostruire e demolire.
Rimandi, mondi paralleli. Sculture, composizioni, viaggi immaginari e immaginifici fino alle Sindoni di Gutenberg, lettere acrone con ombre di colore che avvolgono la cultura della vecchia Europa quasi a conservarla con pudore e forza di fronte all'avanzare di un'epoca che è già qui. Raffinato il video di Roberto Dassoni, imponente e ricco di immagini il catalogo curato da Philippe Daverio.
Mauro Molinaroli