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Martedì 16 Novembre 2010 - Libertà

Itinerario tra libri e autrici

Mostra "Amaro calice": conferenza di Gianfranca Lavezzi

di ANNA ANSELMI
Sporadiche figure di scrittrici si possono identificare in vari secoli, «ma è solo tra l''800 e il ‘900 che la donna comincia ad avere un ruolo attivo come letterata, riuscendo anche a vivere del proprio lavoro, soprattutto come giornalista». Di questo universo letterario in rosa, Gianfranca Lavezzi (università di Pavia) ha proposto un vivace ritratto nell'incontro all'auditorium Santa Margherita, organizzato dal Soroptimist, in collaborazione con la Fondazione di Piacenza e Vigevano, per approfondire le tematiche sollecitate dalla mostra Amaro calice, in corso alla galleria Ricci Oddi. Con Lavezzi, sono intervenuti: la presidente del Soroptimist piacentino, Carla Recher, e il curatore dell'esposizione Gabriele Dadati.
La docente universitaria ha condotto in un interessante itinerario tra i libri e le rispettive autrici, che ha toccato le quattro sezioni in cui si articola Amaro calice. A rappresentare la donna borghese, ma anche la maternità, ecco Neera, pseudonimo di Anna Zuccari, nelle cui pagine si possono scorgere elementi anticipatori di una presa di coscienza femminile con altri di assoluto adeguamento allo status quo di sudditanza agli uomini di casa. Sotto questo aspetto, colpiscono in particolare alcune voci del Dizionario di igiene per le famiglie, scritto a quattro mani con Paolo Mantegazza (Scheiwiller), nonostante altrove la stessa Neera dimostrasse attenzione per i drammi che si consumavano all'interno del matrimonio e per lo sfruttamento della manodopera nelle fabbriche.
Al rapporto della donna con il lavoro, «argomento importante per tutte le scrittrici del periodo, a cominciare da Matilde Serao», ha dedicato crude poesie anche la lodigiana Ada Negri, mentre nel romanzo In risaia della marchesa Colombi, pseudonimo di Maria Antonietta Torriani, moglie di Eugenio Torelli Violler, fondatore e primo direttore del Corriere della Sera, si staglia «senza patetismi e censure» la dura e usurante realtà della campagna. La maternità «come destino femminile di totale annullamento di sé» è esaltata nel romanzo I divoratori di Annie Vivanti. Oscilla invece «tra provocazione e rispetto del canone» l'opera di Amalia Guglielminetti. Nei feuilleton di Carolina Invernizio vengono presentati «gli esiti drammatici che ogni trasgressione femminile all'ordine costituito porta con sé, con una blanda denuncia dell'oppressione autorizzata di una metà del cielo sull'altra». Regina di Luanto (Guendalina Lipparini) nel romanzo Un martirio si addentra tra le pieghe di un matrimonio borghese, dalla fine tragica, attraverso il diario di una donna, «unico spazio di libertà e unico interlocutore, illusorio perché il colloquio rimane con se stessa». Sulla seduzione, infine, l'esistenza al limite della Contessa Lara (Evelina Cattermole), che provocò scandalo in vita e morì uccisa da un amante.

Anna Anselmi

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