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Sabato 20 Novembre 2010 - Libertà

Dorsi: «In "Aida" il Verdi più raffinato»

Tampa Lirica: bella conferenza-concerto in Fondazione con Redoglia, Chiuri e Magri

piacenza - «E l'esotismo in Aida? E il colore locale? ». Questi i quesiti posti da Fabrizio Dorsi, direttore del Conservatorio Nicolini e relatore della conferenza-concerto incentrata su Aida di Verdi, terzo e ultimo appuntamento del ciclo "L'esotico nel melodramma", organizzato dalla Tampa Lirica in collaborazione con la Regione Emilia Romagna e il Conservatorio Nicolini, tenutosi l'altra sera in Fondazione.
Dopo i saluti della presidentessa Carla Fontanelli, Dorsi è entrato nel vivo dell'opera validamente supportato dal pianista Elio Scaravella che ha accompagnato il soprano Rossella Redoglia, nelle vesti di Aida, il tenore Alex Magri, nei panni di Radames, e il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, interprete di Amneris.
Aida è un'opera estremamente particolare, dopo la sua stesura Verdi aspettò vent'anni prima di tornare a scrivere musica per il teatro, componendo poi Otello e Falstaff, opere dalla scrittura completamente rinnovata. Verdi visse 88 anni, tantissimo per l'epoca, ed ebbe la capacità di evolversi. Aida costituisce per Verdi un ulteriore e grande passo in avanti verso la modernità. Il quasi completo abbandono dei pezzi a forma chiusa, l'uso ancor più accentuato che in passato di temi e motivi musicali ricorrenti potrebbero fare accostare tale opera al dramma wagneriano. Aida, commissionata dal Kedivè d'Egitto, risulta un capolavoro per l'alto senso drammatico e la felice orchestrazione che crea una magica atmosfera esotica, in una struttura da grand opera. Aida nasce come gran opera, Verdi deve sottostare alle convenzioni di questo genere, pertanto mostra una scenografia fastosa e una forte presenza di masse in scena. D'altro canto a fianco alla dimensione da grand opera convive il conflitto psicologico dei protagonisti. In Aida si manifesta il conflitto tra amore e potere, tema costante del Verdi di questo periodo.
Ad introdurci nelle note dell'opera sono stati il maestro Scaravella e il tenore Magri che hanno interpretato la prima aria di Radames Celeste Aida, pagina che termina, come da indicazione in partitura, con 2 pp morendo, un segno di come Radames concluda il suo canto preso dal suo sogno. Su questo aspetto Dorsi si è soffermato per sottolineare la dimensione intimistica inserita nel grand opera.
Ritorna vincitor è stata la seconda proposta, aria in cui Dorsi, testimoniando il suo lavoro di analisi della partitura e di direttore d'orchestra, ha chiesto al soprano Redoglia di darne due versioni per sottolineare differenti scelte interpretative: la prima, suggerita da Dorsi, si è rivelata più efficace, inserendo una pausa, un po' di tempo, che genera un cambio di tensione e di effetto.
«In "Aida" non c'è traccia di cabalette, di un movimento conclusivo, che essendo mosso, orecchiabile e ripetitivo, deve strappare l'applauso. Non c'è "zumpa-pa musik", - ha proseguito Dorsi - vi è una ricchezza degli accompagnamenti estranea al Verdi popolare».
Intensa l'esecuzione della Redoglia e della Chiuri del duetto tra Aida e Amneris.
In Aida Verdi coniuga la facilità di invenzione melodica con una costruzione musicale raffinata, l'opera è il punto di equilibrio tra raffinatezza di scrittura e invenzione melodica.
Sentita l'interpretazione di Magri e Chiuri di Già i sacerdoti adunansi, la Chiuri in particolare ci mette l'anima, si distingue per capacità interpretativa, drammatica e scenica.
A conclusione dell'incontro Dorsi ha voluto rispondere ai quesiti di partenza: ha ricordato che in Aida di esotico c'è il soggetto, l'ambientazione in Egitto, ma per quanto concerne la musica è importante conoscere il pensiero di Verdi: «L'arte deve inventare il vero», il fine ultimo dell'arte non è riprodurre la realtà, ma comunicare più di quello che vi è nella realtà.
Infine Aida-Redoglia e Radames-Magri hanno portato in scena il duetto conclusivo dell'opera, su cui interviene il canto di Amneris-Chiuri, un commento al drammatico finale.

Lea Rossi

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