Mercoledì 20 Ottobre 2010 - Libertà
Sono partite le prove dell'opera di Donizetti, l'allestimento proviene da Liegi, il 28 ottobre il debutto, protagonista Mariella Devìa
La stagione lirica del Teatro Municipale, sotto l'egida della neonata Fondazione dei Teatri di Piacenza, è organizzata anche quest'anno in collaborazione con la Fondazione Toscanini. Quattro le opere in cartellone, come già annunciato: nell'ordine Maria Stuarda, di Gaetano Donizetti (28-31 ottobre), Idomeneo re di Creta, di Mozart (28-30 novembre), La Cenerentola di Gioacchino Rossini (28- 30 gennaio, 1 febbraio 2011) e Macbeth di Giuseppe Verdi (18-20 marzo 2011).
La produzione che si realizza al Teatro Municipale ha mosso i primi passi proprio in questi giorni. Al teatro cittadino infatti sono cominciate le prove che porteranno al debutto del 28 ottobre. L'allestimento, in collaborazione con il Teatro Comunale di Modena, a cura di Italo Grassi, è dell'Opera di Liegi, con l'Orchestra Regionale dell'Emilia - Romagna, diretta dal maestro Antonino Fogliani, Coro del Municipale diretto dal maestro Corrado Casati. La regia è affidata a Francesco Esposito che cura anche i costumi. La compagnia di canto, già in palcoscenico per le prime prove, come si diceva, schiera per la "prima" una star di prima grandezza come Mariella Devìa nel ruolo di Maria Stuarda (Maria Costanza Nocentini la sostituirà il 30 e 31 ottobre). Accanto a lei Nidia Palacios e Veronica Simeoni (replica del 30) come Elisabetta, Adriano Graziani (Leicester), Ugo Gagliardo (Giorgio Talbot), Gezim Myshketa (Lord Cecil), Caterina Di Tonno (Anna, dama di Maria).
Il regista Francesco Esposito prova in palcoscenico la grande scena finale con il coro schierato, i figuranti e la povera regina Maria di Scozia pronta al patibolo. E' un lavoro lungo per la cura dei dettagli, dei gesti, tutto deve essere perfetto. Si prova e si riprova con il il coro a figurare il popolo scozzese partecipe mesto della fine di un grande sogno, quello di unificare i due regni sotto la bandiera cattolica.
Maria Stuarda di Donizetti, tragedia lirica in tre atti di Giuseppe Bardari, liberamente tratta dal testo omonimo di Schiller, nella traduzione di Andrea Maffei, ebbe vita difficile al debutto previsto a Napoli. Il regnante Borbone non accettava che in scena si consumasse addirittura la decapitazione di una regina. Per non rinunciare al proprio lavoro il compositore aggirò la censura in poche settimane, proponendo una nuova versione dal titolo Buondelmonte in scena al Teatro S. Carlo il 18 ottobre 1834. Solo l'anno dopo alla Scala, nel dicembre 1835, Donizetti potè presentare la sua Maria Stuarda, rivista e aggiornata dopo l'esperienza napoletana, particolarmente voluta e adatta alla estensione vocale della protagonista Maria Malibran.
Anche la produzione milanese ebbe però guai con la censura e fu tolta dalle scene dopo poche repliche. Al Teatro Municipale arrivò solo nel febbraio 1990 nella coproduzione con il Teatro di Reggio Emilia con l'Orchestra Sinfonica Toscanini, diretta dal maestri Ion Marin, per la regia di Gabriele Lavia. Nei ruoli di Elisabetta e di Maria si confrontavano il mezzosoprano Raquel Pierotti e il soprano Adriana Morelli; il tenore Pietro Ballo si proponeva come Conte di Leicester, Giovanni Furlanetto come Giorgio Talbot, quindi Renzo Magnani Lord Cecil e Antonella Trevisan nutrice di Maria.
Dramma a tinte forti, di passioni e di intrighi politici, esalta le due diverse personalità delle regine, Maria di Scozia, cattolica, ed Elisabetta d'Inghilterra, a capo della chiesa anglicana. Rimasta vedova del primo marito il Delfino Francesco II, Maria fu accusata di essere complice della morte del secondo marito, conte Enrico Darnley, istigata dall'amante lord James Bothwell. Aspettando un figlio dal rapporto adulterino, Maria cercò riparo allo scandalo con segrete nozze. Ancor più grave l'accusa di essere implicata nella congiura di Babington per uccidere la regina Elisabetta. La morte di Maria consentirà ad Elisabetta di destinare i due regni di Scozia e d'Inghilterra, unificati, al figlio di Maria, Giacomo I. Questa la storia, che nel libretto di di Bardari è tutta spostata sul versante dei sentimenti e per ragioni evidenti di censura non della politica.
GIAN CARLO ANDREOLI