Giovedì 28 Ottobre 2010 - Libertà
Da Piacenza a Rimini: incanti d'Appennino
Al Cineclub il film di Conversano e Grignaffini
piacenza - L'altra sera, la multisala Iris 2000 ha regalato uno spaccato documentaristico di grande spessore che risponde al titolo di Viaggetto sull'Appennino. A piedi da Piacenza a Rimini, film diretto da Francesco Conversano e Nene Grignaffini. L'opera è stata presentata in occasione della rassegna del cinema d'autore Cineclub - Grandi film su grande schermo, organizzata da Comune di Piacenza e Fondazione Cineteca Italiana di Milano, con l'ausilio, appunto, della nota multisala piacentina.
In sala erano presenti alla proiezione e al successivo dibattito col pubblico (diretto da Enrico Nosei della Fondazione) i due registi, purtroppo "orfani" di Ivano Marescotti, noto attore ravennate, protagonista della pellicola, che pur avendo annunciato la sua partecipazione alla serata, ha dovuto dare forfait all'ultimo momento.
Viaggetto sull'Appennino, che l'assessore alla cultura del Comune di Piacenza, Paolo Dosi, ha definito, ad introduzione della proiezione, come «un grande film», rappresenta un lungo iter che Marescotti ha affrontato a piedi partendo da Ottone e giungendo a Rimini.
«Siamo onorati di partecipare a questa rassegna» ha spiegato la Grignaffini «dopo tanti documentari lungo l'America, avevamo voglia di un viaggio in Italia, soprattutto a distanza di vent'anni da Viaggetto sul Po». E ancora: «Ci piaceva l'idea di andare a capire come le persone vivano sull'Appennino, sia in riferimento a coloro che lì resistono da sempre, sia in riferimento alle nuove popolazioni che lo stanno abitando».
La parola è poi passata a Conversano: «Generalmente non usiamo la mediazione di attori per realizzare i nostri documentari. L'esperienza con Marescotti rappresentava un rischio, perché temevamo che non potesse entrare in sintonia con il paesaggio. La sfida, però, è stata vinta, perché Ivano ha avuto un rapporto empatico con le persone». E riguardo alle dinamiche del viaggio, Conversano ha aggiunto: «Di questo percorso erano chiari l'inizio e la fine. Il resto è stato casualità». E così, in Viaggetto sull'Appennino Marescotti parte da Ottone, concedendosi una citazione in onore di Zavattini, si ferma appena dopo a chiacchierare con due autoctoni al bar, scherza e fa domande da guascone romagnolo quale è. Riparte, si guarda intorno, si meraviglia, si interroga entrando in simbiosi con il ritmo cadenzato e ovattato della montagna. Scopriamo, così, due ragazzi americani che sono finiti sui "bricchi" per fare esperienze di vita agreste e per imparare a gestire un agriturismo; conosciamo due vecchietti che danno appuntamento al Marescotti per incontrarlo di nuovo tra cento anni; apprendiamo la lezione gioviale di Francesco Guccini, che racconta l'importanza del fiume e di come sia in stretto rapporto con esso.
Facciamo tesoro dei ricordi degli anziani che hanno vissuto la guerra e ci commuoviamo guardando la vita attraverso la loro memoria. E dunque, una volta giunto alla fine del suo viaggio, arrivato sulla spiaggia riminese, Marescotti, così come aveva aperto con una citazione, chiude con altra, non meno importante, richiamando Tonino Guerra e raccontandoci di aver compreso «il senso e il valore della lentezza».
Manuel Monteverdi