Domenica 24 Ottobre 2004 - Libertā
"Le malattie si curano con le medicine ma anche col sorriso dei dottori clown"
Convegno dell'Avo sulle esperienze di "cura alla psiche" in corsia
"Un sorriso come terapia" per un ospedale al servizio di tutti: perchč la cura non č solo quella compiuta con i farmaci, perchč sovente anche l'anima ha bisogno di una carezza, per raccontare le esperienze piacentine di chi - dal fronte sanitario - una terapia del sorriso ha giā provato a sondarla in corsia. L'Avo di Piacenza, l'associazione dei volontari ospedalieri guidata da Brunello Cherchi (associazione che dallo scorso maggio, grazie ad una corposa attivitā formativa, č "lievitata" da 160 a 200 volontari, con l'obiettivo di arrivare a 400), ha messo in fila l'altra sera all'Auditorium della Fondazione un sequel di testimonianze che, rispetto all'ospedale nella sua antica accezione di luogo di cura, alzano il velo su una prospettiva nuova ma anche antica: la persona al primo posto, con la sua malattia ma anche la sua psiche, come ha descritto in apertura Gaetano Rizzuto, direttore di Libertā, intervenuto in veste di moderatore. Provocatorio l'interrogativo di Renato Zurla, dirigente medico di Geriatria e presidente della CRI di Piacenza: "Il farmaco č l'unica ricetta?". Per Zurla, che non disdegna di rivolgere l'attenzione al di fuori della pratica medica occidentale, "curare si puō, coi farmaci ma anche con la benevolenza, con il sorriso". Giacomo Biasucci, primario di Pediatria a Piacenza, č stato, sei anni fa, il motore principale di un meccanismo che ha condotto ad un rivoluzionario reparto: pareti colorate con le illustrazioni di storie per bambini, camici variopinti per il personale, ed un'innovativa esperienza di comicoterapia oggi al suo terzo anno (l'Ausl di Piacenza č la prima in Italia ad averla finanziata direttamente). "Il dottore-clown - ha detto Biasucci - riassume il valore terapeutico di un sorriso, ed i risultati fin qui raggiunti ci danno ragione". In quella Pediatria dove arriveranno anche musicoterapia e laboratori di lettura oggi saltellano i due dottori "col naso rosso", ovvero Barbara Eforo (Trallallā) e Marcella Genovese (Polpetta). "Siamo lė, in ospedale, per i bambini ma soprattutto per gli adulti - ha spiegato la Eforo - siamo come degli autogrill sull'autostrada del dolore, ed il riso č solo uno strumento". "Tutti noi, medici, ma anche infermieri e volontari - ha ammonito Renato Silva, responsabile dell'ambulatorio di screening mammografico dell'Ausl - dobbiamo sempre tenere a mente che siamo al servizio di una persona, nč paziente nč utente". E l'ospedale aperto che rappresenta lo spettro benigno lungamente invocato assume tratti reali - o quanto meno possibili - anche nelle strutture: "L'ospedale di Piacenza - ha annunciato Tiziana Lavalle (dirigente Ausō) - lo vogliamo sempre pių casa dove poter stare e sempre meno nosocomio. Stiamo intervenendo con azioni di restyling, producendo anche soluzioni per migliorare il confort". Il miraggio venturo? "Un ospedale aperto alla famiglia, un luogo di ritrovo per la cittā".
sim.seg.