Sabato 18 Settembre 2010 - Libertà
Daverio: «Nei Poetari di Milani le lettere si riappropriano del proprio destino»
Il critico sta lavorando a una monografia sull'artista che uscirà entro fine anno
salsomaggiore - La recente inaugurazione della fontana-scultura Opera aperta fra Oriente e Occidente di Giorgio Milani a Salsomaggiore ha riportato l'attenzione sui poetari, da tempo ormai privilegiata forma di espressione dell'artista piacentino. Oggetti composti direttamente con antiche lettere tipografiche, come nella serie Babele, che era stata in mostra anche alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, oppure monumenti fusi nel bronzo, a partire comunque dall'alfabeto intagliato artigianalmente nel legno per il procedimento della stampa a caratteri mobili.
All'inaugurazione dell'intervento di riqualificazione di piazza Lorenzo Berzieri, nel cuore della città termale, il critico Philippe Daverio si è soffermato su alcuni aspetti del lavoro di Milani, sul quale ha in preparazione un'ampia monografia, edita da Skira, in uscita entro la fine del 2010. Daverio ha ricordato come i poetari siano «il risultato di una mania collezionistica di Milani». Le lettere raccolte, e salvate da sicura distruzione, sono poi diventate "la materia" con cui plasmare nuove cose. «Si tratta di lettere che di per sé hanno una fisicità straordinaria» ha osservato Daverio, accanto alla scultura di Salsomaggiore, commentando inoltre il positivo accordo cromatico instauratosi con l'edificio delle Terme Berzieri. Sul poetario come opera pubblica, Daverio ha evidenziato come i grandi caratteri spesso utilizzati da Milani fossero originariamente destinati alla redazione di manifesti pubblicitari da affiggere per le vie: «Non è l'effetto finale che è pubblico, ma la genesi. Nei poetari queste lettere tornano a riappropriarsi del loro destino iniziale». Poi una precisazione, sul concetto di opera d'arte pubblica: «In realtà anche il quadro appeso in un'abitazione privata è un'opera di comunicazione che dialoga con i micro-circoli di relazioni con cui il proprietario interagisce. Accadeva anche in passato: ogni cardinale aveva i propri dipinti, che mostrava agli altri collezionisti quando li invitava a casa sua. L'arte è sempre pubblica».
Sull'operazione condotta da Milani - omaggio all'invenzione della stampa a caratteri mobili e dignità recuperata verso saperi artigianali in via d'estinzione - Daverio ha rilevato l'impoverimento attuale derivato dall'introduzione della tecnologia informatica: «L'arte tipografica si è trasferita sui font del computer, che però si sono drasticamente ridotti rispetto ai 250mila font del passato. Resistono pochi stampatori, per tirature molto limitate. Personalmente, anni fa, ne ho promosse anch'io, di libri e manifesti, ma le lettere avevano il corpo in gomma, non più in legno come invece sono i caratteri usati da Milani».
Per il critico, la suggestione più forte dei poetari resta il richiamo alle radici della nostra civiltà, «che si fonda veramente sulla lettera», citando il riferimento all'alfa e all'omega nell'Apocalisse di San Giovanni. «La cultura giudeo-cristiana - ha proseguito Daverio - è la cultura della lettera. Abbiamo poi sostituito la lettera pura dell'aleph con la parola del Verbo dell'evangelista Giovanni, però siamo a tal punto inseriti in questo contesto che il meccanismo informatico non ha creato un linguaggio suo proprio, ma ha replicato nei font quello che già possedevamo». La matrice del gesto "poetico-estetico" di Milani - ha suggerito il critico - va ricercata anche nelle avanguardie degli anni Venti (Futurismo e Suprematismo russo), fino alla grafica degli anni '50-'60, negli esiti di Albe Steiner. «Tutta la modernità - ha concluso Daverio - è legata a un gioco di codice della lettera».
Anna Anselmi