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Domenica 26 Settembre 2010 - Libertà

Kate Pickett, docente di Epidemiologia all'università di York

Perché le disuguaglianze rendono le società infelici



Kate Pickett
"E vissero per sempre felici e contenti". Chi? Sicuramente non chi vanta un reddito pro-capite alto. L'equazione "ricchezza uguale felicità" non funziona: a dirlo è Kate Pickett, docente di Epidemiologia all'università di York e protagonista di un seguito incontro all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano svoltosi nell'ambito del Festival del Diritto. "Perché le disuguaglianze rendono le società più infelici? " è la provocatoria domanda alla quale la studiosa, presentata dalla giornalista Jennifer Clark, ha cercato di dare una risposta. Lo ha fatto attraverso i dati relativi ai principali indicatori sociali di benessere e malessere (disagio mentale, speranza di vita, mortalità infantile e malattie, obesità, rendimento scolastico di bambini e ragazzi, gravidanze in adolescenza, omicidi, tassi di incarcerazione, mobilità sociale, fiducia o sfiducia nel prossimo e nelle istituzioni, solo per citarne alcuni) in tutti i paesi del mondo che sono stati raccolti nell'ultima pubblicazione di Pickett, "The Spirit Level", uscita in Italia con il titolo "La misura dell'anima". E ad emergere è uno scenario sconcertante: sono i paesi ricchi, quelli situati indicativamente tra il reddito pro capite del Portogallo e quello degli Stati Uniti, a riportare sistematicamente i risultati peggiori. È lì infatti che si consuma uno straordinario paradosso: il progresso tecnico e materiale dell'umanità non dà luogo a individui sicuri e motivati, soddisfatti dei propri risultati; al contrario la crescita economica porta con sé ansia, depressione e insicurezza che si riversano nella continua necessità di consumare e consumarsi. Non importa che il mezzo sia l'alcool, la droga, gli psicofarmaci o la rovina della propria stabilità emotiva, fisica ed affettiva: il risultato è consumismo, individualismo e materialismo. Sotto accusa va la disuguaglianza, intesa come realtà "non solo moralmente sbagliata" spiega Pickett, "ma deleteria per l'intera società". Ancora una volta i dati parlano chiaro: nei paesi come gli Stati Uniti, dove si registrano i livelli più alti di disuguaglianza, il tasso di suicidi, alcolisti, gravidanze in adolescenza, obesità, rendimento scolastico e fiducia nelle istituzioni è in continuo aumento. Al contrario sono Giappone e Scandinavia a registrare i risultati migliori. E l'Italia? Il Bel Paese si colloca a metà classifica: l'allarme non è ancora stato lanciato, ma forse sarebbe meglio tornare ai "vecchi tempi", quelli di quei "poveri ma belli" che sapevano anche essere felici.

Betty Paraboschi

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