Domenica 10 Ottobre 2010 - Libertà
Con Sannino, l'intensità e il dramma di Leopardi
piacenza - «Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude». La voce dell'attore Domenico Sannino si spande eterea, riempiendo gli spazi della Fondazione di Piacenza e Vigevano, mentre il folto pubblico prende posto, sotto gli occhi del relatore, il professor Pierantonio Frare, su sedie, tribune, persino accomodandosi sul pavimento, pur di assistere al primo degli Incontri con Giacomo Leopardi. Un ciclo di appuntamenti ospitati appunto dalla Fondazione ed organizzati dalla Facoltà di scienze della formazione dell'Università Cattolica di Piacenza, sotto la direzione scientifica del professor Frare, dell'istituto di italianistica: tutti i giovedì alle ore 18, fino al 4 novembre, una "messa in voce" di alcuni tra i più famosi dei Canti di Giacomo Leopardi, per far riascoltare attraverso l'abilità degli attori alcune tra le opere più belle di tutta la letteratura italiana. Lo stesso autore, originario di Recanati, è una figura cardine della produzione letteraria mondiale, un punto di riferimento del Romanticismo, un filosofo e uno studioso che ancora oggi, a più di 200 anni dalla nascita, affascina, fa discutere e offre spunti di riflessione sempre nuovi: la vita sfortunata (da vero eroe romantico), i riflessi autobiografici della sua opera, le considerazioni sull'esistenza e il pessimismo leopardiano, ogni aspetto della sua vita e della sua opera sono state lette ed interpretate in innumerevoli modi. Per non parlare della straordinaria capacità compositiva del grande poeta, ancora fonte d'ispirazione e di studio. Entrambi gli aspetti delle opere leopardiane sono trattati in questi appuntamenti: in ogni incontro, i canti in programma sono introdotti da un docente universitario esperto, che espone la tecnica del poeta e i vari "espedienti" utilizzati nella composizione, e successivamente interpretati da un attore. L'incontro è iniziato quindi con L'Infinito: se non la più famosa in assoluto, è una delle poesie più celebri di tutta la letteratura, italiana e internazionale. Un manifesto della facoltà immaginativa del poeta, nel quale i confini tra percezione fisica e io poetico, quindi esistente nella mente dell'autore, sono illimitati e si trovano a sfociare l'uno nell'altro, fino all'annullamento finale in quel mare dell'infinito, nel quale «il naufragar m'è dolce». Secondo, La sera del dì di festa, nel quale si avverte la profonda disperazione dell'io poetico, non avvertita attraverso grida e strepiti ma attraverso una fioca voce che va spegnandosi, così come la grandezza del "tempo che fu" si sta spegnendo, in un mondo in cui «tutto è pace e silenzio», in cui regna l'indifferenza, e un canto che si spegne è più angoscioso di un urlo. Per ultimo, il canto Alla luna, dove appare la tanto amata luce lunare, l'atmosfera notturna, simbolo di un giorno che se ne va e lascia solo i ricordi a far compagnia alle persone: il ricordo fugace, che dà vita alla ricordanza, che sia pur di dolore, fa ripensare alla giovane età, in cui c'era più motivo di sperare che di dolersi dei ricordi.
Valentina Zilocchi