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Mercoledì 1 Settembre 2010 - Libertà

I giocattoli nell'antichità e il loro valore simbolico

Nel libro "Il gioco e i giochi nel mondo classico". Stefano De' Siena compie un'analisi a 360 gradi

piacenza - Che spazio avevano le attività ludiche presso gli antichi e quali manufatti contribuivano al divertimento di grandi e piccini? Domande alle quali offre risposta il volume Il gioco e i giochi nel mondo classico dell'archeologo Stefano de' Siena, pubblicato dalla casa editrice Mucchi di Modena, con prefazione di Jacopo Ortalli, già direttore della Soprintendenza archeologica e del museo nazionale di Sarsina, docente di archeologia classica e archeologia del territorio alle università di Ferrara, Modena e Reggio. De' Siena, che si occupa di laboratori ludico-didattici ispirati all'archeologia, membro della Società di archeologia universitaria italiana e coordinatore del gruppo di ricerca Culturama, ha parlato di questo affascinante tema all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in un incontro al quale è intervenuto anche l'editore Marco Mucchi. Al termine, alcuni giocattoli greci e romani si sono materializzati, nelle ricostruzioni aderenti ai modelli originali realizzate da de' Siena, il cui libro avrà un seguito di carattere pratico: una guida destinata a insegnanti, educatori e genitori per riproporre ai ragazzi di oggi i giochi della classicità.
Nel volume presentato in Fondazione il discorso, pur mantenendosi accessibile e scorrevole, si addentra invece in un'analisi a 360 gradi sul valore che gli antichi attribuivano a giochi e giocattoli. Questi ultimi, in particolare nella prima infanzia, potevano rivestire contemporaneamente funzioni ludiche, ornamentali e votive. E' il caso di sonaglini ("il primo giocattolo che compariva nella vita dei bambini") e campanellini.
«La sproporzione tra la funzionalità dell'oggetto e l'attenzione nell'esecuzione rivela - osserva de' Siena - il grande valore simbolico attribuito a questi manufatti. L'elevata mortalità infantile entro i tre anni di vita portava a cercare di ingraziarsi la divinità. Purtroppo però questi oggetti non contribuivano a preservare il bimbo da infezioni esiziali, come nell'esempio di un sonaglino-poppatoio, che diventava una trappola dal punto di vista igienico per il piccolo».
Tra i giocattoli di forte contenuto sociale, de' Siena passa in rassegna anche le bambole e le miniature di utensili per la casa, di cui esistevano centri di produzione specifici lungo la penisola. L'excursus consentito attraverso le pagine del libro e le sue numerose illustrazioni comprende tanti giochi dell'antichità, alcuni sopravvissuti fino a noi, altri scomparsi. Al posto delle biglie, i romani usavano le noci per un'infinità di passatempi. Le automobiline ancora non esistevano, ma supplivano carretti trainati da animali. Le miniature dei gladiatori erano le antenate degli album di figurine, così come i carretti dalle minuscole proporzioni svolgevano il ruolo delle riproduzioni in scala delle quattroruote. Molti i giochi con la palla, «più simili però a una danza armoniosa che all'odierna pratica sportiva». Tra le curiosità del libro - dall'ampia bibliografia, basato anche su fonti iconografiche e letterarie dell'antichità - la fotografia di un bassorilievo al museo archeologico nazionale di Atene, «unica iconografia conosciuta del gioco del keretizein», dall'impressionante somiglianza con il contemporaneo gioco dell'hockey. Mucchi ha annunciato ulteriori titoli di archeologia sociale per illuminare sulle consuetudini dei nostri lontani antenati: «Allo studio ci sono pubblicazioni sul rapporto tra l'uomo e il vino, tra l'uomo e gli animali».

Anna Anselmi

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