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Venerdì 23 Luglio 2010 - Libertà

Gianfranco Piva e la facoltà di Agraria

Gianfranco Piva e la facoltà di Agraria. Un rapporto iniziato negli anni '50 quando il giovane Piva giunge nella nostra città per immatricolarsi presso la facoltà, a sua volta giovane, che lo stesso Gemelli aveva voluto nella nostra città nel 1952 e che attirava studenti motivati da tutta Italia proprio per l'elevatissimo livello di qualità delle strutture e dei docenti che il primo Rettore della Cattolica aveva chiamato.
Piva inizia così una storia che diverrà poi lunghissima: dai risultati della ricerca, che lo hanno portato a dirigere dal 1984 l'Istituto di Scienze degli alimenti e della nutrizione; agli sviluppi della didattica, al ruolo di preside della facoltà che Piva ha assunto alla fine degli anni '80 e mantenuto per 21 anni.
Fino ai riconoscimenti internazionali, alle cariche importanti, ai premi prestigiosi, ma anche alle tante ore di lezione, di ascolto degli studenti, di preparazione delle tesi, di esami di laurea. Che lo hanno portato anche a divenire vero antesignano dell'internazionalizzazione, chiamato, nel 1996, a ricoprire un importante incarico Scientifico nella SANCO quel membro dello SCAN (Comitato Scientifico di Nutrizione Animale) aprendo così la strada ai molti professori della Facoltà che oggi operano in organizzazioni internazionali, EFSA in particolare.
Una storia nella quale la didattica e l'attenzione per gli studenti non si sono mai separate dalla ricerca. Una storia che può essere forse letta su due livelli: quello della ricerca scientifica e dell'impegno che ha portato "il professore" - come ancora oggi lo chiamano nel suo Istituto - a divenire uno dei nomi più noti del settore agroalimentare in Europa. L'altro livello è quello della didattica. Un ambito quest'ultimo da sempre carissimo al Preside, che non ha mai smesso di considerare la preparazione degli studenti la parte centrale del suo lavoro.
Ventun anni alla guida della facoltà si sono tradotti per Piva in un impegno quotidiano, scandito da alcuni momenti forti, tra cui le cerimonie della discussione delle tesi. Che non sono mai diventate routine: anzi nonostante le centinaia di lauree conferite, Piva non ha mai smesso di considerare gli esami di laurea un momento unico, tanto da riservare ogni volta ancora un po' di commozione per la tradizionale stretta di mano con il candidato, divenuto dottore.
Volendo ricostruire questa lunga esperienza alla guida della Facoltà di Agraria, è possibile fissare alcune date significative?
«Sicuramente bisogna partire dall'8 novembre del 1988, quando ho presieduto il primo consiglio di Facoltà come preside, presenti i professori che avevano fatto grande la Facoltà dagli anni ‘60. Ero il terzo (l'elezione a Preside era avvenuta all'inizio dell'estate), dopo lo storico prof. Giuseppe Piana e il prof. Vittorio Cappa: un compito enorme di cui sentii subito tutta la responsabilità, che mi imponeva di dare il massimo per svolgere questo mandato. E il lavoro non si fece attendere: già nel 1990 a Cremona prese vita un corso molto innovativo per allora, che si chiamava secondo la normativa di quei tempi "scuola diretta a fini speciali" in Tecnologie lattiero casearie. Nel 1990 collaborammo attivamente alla nascita della Facoltà di Economia, che si inseriva nelle nostre strutture facendo si che la sede piacentina dell'Ateneo del Sacro Cuore muovesse i primi passi per diventare un vero Polo universitario. Un percorso che continuò con l'inserimento nel 1992 del corso di laurea in tecnologie alimentari e - nello stesso anno - del diploma universitario analogo a Cremona».
Ma gli anni '90 portarono anche molte altre iniziative, tra cui il laboratorio di tecnologia e merceologia per la certificazione dei processi agro-alimentari.
«Con questa iniziativa molto innovativa abbiamo voluto mettere le nostre conoscenze a disposizione del territorio, rafforzando quel legame con l'università, che poi negli anni è sempre cresciuto».
Già dagli anni '90 il polo universitario della Cattolica si amplia sempre più e la sede piacentina si presenta all'appuntamento con il nuovo millennio con anche i corsi di laurea in Giurisprudenza e in Scienze della formazione, oltre che con altri diplomi universitari attivati in provincia. Nel 2001 poi, viene applicata la riforma universitaria con la nascita dei corsi triennali. Con che spirito avete affrontato questo notevole cambiamento?
«L'impegno è stato enorme, perché si trattava di coniugare la prestigiosa tradizione della facoltà con le esigenze della riforma. La strada che abbiamo intrapreso e che ha portato agli attuale corsi di laurea triennali e magistrali, ha voluto tenere conto da un lato della storia della facoltà, che ha sviluppato particolare competenze in alcuni settori; ma dall'altro soprattutto delle esigenze del mondo del lavoro, che oggi richiede una preparazione flessibile e caratterizzata da grande propensione all'innovazione».
Durante il suo lungo mandato, ha visto tanti laureati crescere e sviluppare carriere brillanti; altri fare fatica a trovare la propria strada. Che cosa richiede oggi il mercato del lavoro ad un giovane?
«Richiede quello che a sempre richiesto e forse anche un po' di più. Passione, propensione al cambiamento, all'innovazione (e questo è quello che ha sempre richiesto); ma anche disponibilità alla mobilità e capacità di mettersi in gioco anche in contesti internazionali. Il che introduce l'obbligatorietà della conoscenza delle lingue straniere: una - inglese obbligatorio -, ma meglio due lingue straniere sono oggi fondamentali. Il settore agroalimentare resta interessante e continua a rappresentare un ambito in cui una buona preparazione può essere spesa. Inoltre possiamo senz'altro affermare che la fama di cui gode la nostra facoltà in tutta Europa e anche oltre Oceano costituisce un ottimo biglietto da visita per i laureati».
Qual è stata la dinamica delle iscrizioni alla facoltà negli anni?
«Mantenere il numero degli iscritti adeguato è sempre stata una vera sfida per una facoltà come la nostra che - ricordiamo - è privata e quindi paga rispetto alle statali il gap dovuto alle tasse di iscrizione più elevate. Proprio negli anni in cui iniziai il mio primo mandato alla presidenza questo problema si stava manifestando prepotentemente, anche perché si trattava di un momento in cui non vi era grande interesse per l'agricoltura. I temi ambientali erano appena accennati e la sicurezza alimentare era pressoché sconosciuta. Per contrastare questo trend negativo che aveva portato ad un calo delle immatricolazioni con l'allora direttore di sede dott. Giuseppe Molinari, iniziammo a svolgere un vero lavoro di marketing, facendo conoscere la nostra facoltà nelle scuole superiori, partendo dagli istituti da cui già provenivano i nostri studenti, dove si poteva sviluppare una tradizione. Si tratta di un'attività che oggi le università svolgono abitualmente, ma che per allora era estremamente innovativa e prendeva le mosse dalle esperienze delle grandi università straniere. I risultati non si fecero attendere e le immatricolazioni ripresero quota in maniera significativa, anzi proprio nell'anno accademico ‘93/'94 con l'attivazione del corso di laurea in Scienze e Tecnologie alimentari raggiungemmo il massimo storico delle iscrizioni.
Con un lavoro congiunto di orientamento universitario e di interventi sulla stampa riuscimmo a offrire un quadro realistico delle possibilità che la facoltà propone, ridandole un'immagine moderna e vicina alle problematiche ambientali e alimentari di grande attualità».
Una facoltà di agraria oggi mantiene dunque la sua attualità?
«Più che mai, soprattutto una facoltà come la nostra che ha sempre privilegiato un approccio complessivo alle problematiche del comparto, valorizzando le competenze, ma in primis la loro integrazione per risolvere i problemi».
In questa ottica va letta l'"avventura" di Agrisystem, l'alta scuola di dottorato per il sistema agroalimentare interfacoltà di cui è direttore?
«L'esperienza di Agrisystem sta dando ottimi risultati e ha portato al raggiungimento del titolo i primi 17 dottori proprio lo scorso aprile. Il percorso è estremamente innovativo, attivato dalla sede piacentina dell'Università Cattolica, attraverso le facoltà di Agraria, Economia e Giurisprudenza, anche grazie ad un contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano. La scuola, che ha iniziato la propria attività nel 2006, si caratterizza per un percorso didattico strutturato su temi di interesse formativo, ma anche sull'attiva partecipazione alla ricerca scientifica. Inoltre è previsto un periodo di frequenza presso istituzioni di ricerca straniere molto prestigiose. Del resto proprio i occasione del conferimento dei primi titoli, il Rettore dell'Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi ha riconosciuto la valenza innovativa della scuola, che valorizza, come di rado accade, l'interdisciplinarietà; Agrisystem oggi conta 17 neo dottori di ricerca e 52 dottorandi, di cui il 16% rappresentato da stranieri. Il 70 % dei giovani fruisce di una borsa di studio, mentre è ottima la produzione scientifica (55 lavori scientifici ei primi due cicli). Una valutazione dell'interesse della scuola di dottorato per il mondo del lavoro è documentato dal fatto che, ad oggi, a distanza di 2 mesi dal conseguimento del titolo, dei 17 dottori di ricerca 15 sono occupati, a livello nazionale ma anche internazionale, ed uno non è stato disponibile a trasferirsi a Bruxelles a lavorare per la Commissione. Tra l'altro non va dimenticato il ruolo che la scuola potrà avere anche in vista di Expo 2015, che richiamerà l'attenzione di tutto il mondo sulla necessità di preparare giovani con competenze specifiche per il settore agroalimentare, anche in vista delle esigenze che si prospettano per il futuro, in rapporto ai grandi temi ambientali e alimentari. Temi che tra l'altro noi ovviamente, essendo una Università Cattolica non possiamo non affrontare con il massimo impegno».
Tra le tante "imprese" riuscite in questi 21 anni, ce n'è qualcuna non andata come avrebbe voluto?
«Mi piace pensare - parafrasando San Paolo - di avere "terminato la corsa". Il rammarico è riferito ai tanti giovani anche molto bravi ed un tempo pieni di sogni, nei quali ho visto venir meno la speranza, che io non ho saputo ravvivare. Certamente durante questa lunga avventura ho potuto godere dell'appoggio dei colleghi e di tutto il personale tecnico amministrativo e a tutti voglio rivolgere ancora un ringraziamento, ricordando anche coloro che non sono più con noi».
Ma questa lunga chiacchierata non poteva terminare senza che il professore rivolgesse un ringraziamento ai veri protagonisti di tutta la sua vita: gli studenti. «Un pensiero soprattutto ai miei tanti studenti. Grazie a loro ho mantenuta immutata quella curiosità, quella fame di sapere, che sempre ha mosso il mio lavoro di ricercatore».

Claudia Molinari

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