Martedì 15 Giugno 2010 - Libertà
S. Vincenzo dei Teatini una grande storia
Con questa ricostruzione storica Stefano Pronti intende restituire alla chiesa di San Vincenzo la sua dignità storica, dopo il recente meraviglioso recupero. Un contributo per apprezzare e conoscere da vicino la Sala dei Teatini per chi l'ha visitata - e sono migliaia i piacentini che l'hanno già fatto - e di chi l' incontrerà nella musica e in altre (diventate numerose) occasioni. Questo articolo riepiloga tutte le vicende storiche e incornicia tutte le vicende teatine, con alcuni sbalzi di eccellenza, nella correlazione artistica diretta e straordinaria con S. Andrea della Valle, nella sopravvivenza illustre dei dipinti nella Pinacoteca di Palazzo Farnese, dove occupano un grande e pregnante spazio.
di STEFANO PRONTI
La salvezza
Ci sono voluti Roberto Reggi, Sindaco di Piacenza, e il Maestro Riccardo Muti, fondatore e direttore dell'Orchestra Giovanile L. Cherubini, per far ritornare la chiesa teatina di S. Vincenzo di Piacenza al suo storico splendore. La chiesa di S. Vincenzo, acquistata dal Comune di Piacenza con rogito del 27 dicembre 1972 del notaio Lorenzo Bernardelli, era stata tenuta chiusa e poi adibita a magazzino del Teatro Municipale, dove iniziarono radicali restauri nel 1979, poi rimase un luogo di deposito di ogni materiale di gestione economale, fino a diventare un luogo malsano per le infiltrazioni di umidità dal pavimento e dalle volte. Negli anni Ottanta erano state salvate le tele dipinte degli altari, che erano ancora collocati nella chiesa e negli ultimi anni entrare e avere uno svenimento per le condizioni disperate era molto facile: la pellicola degli affreschi si stava sollevando dovunque, il pavimento era uno strato di muffe, i legni iniziavano a marcire.
Dopo aver sistemato il tetto, maturarono alcuni eventi riguardanti il Teatro Municipale, che imponevano la disponibilità di uno spazio maggiore funzionale al Teatro anche e il Comune prese la grande decisione: risanare e restaurare con fondi comunali e ministeriali la chiesa per renderla un luogo per prove e concerti dell'Orchestra Cherubini; un restauro meticoloso, eccellente nei risultati sia delle pitture murali sia nelle strutture architettoniche sia negli impianti tecnologici e audiofonici. I lavori in tre lotti sono stati eseguiti in continuità, elemento di grande vantaggio e merito in cantieri di edifici monumentali, dall'Impresa piacentina Edilpronto, che ha assunto manodopera quasi tutta piacentina altamente specializzata nelle varie categorie di restauro, un settore per fortuna fecondo e vitale, ricco di saperi tradizionali; tra i restauratori Alessandra D'Elia, che ha nel curriculum di esperta negli affreschi e nella pietra il Palazzo Farnese, il Duomo, il Collegio Morigi, le chiese di S. Sisto, S. Cristoforo e dei SS. Nazzaro e Celso, il Palazzo Malvicini Fontana, il Teatro Verdi di Fiorenzuola.
A Marco Petrali invece il merito della rigenerazione dei legni dei portali e della cantoria, che giocano un ruolo non secondario nello splendore della fabbrica di S. Vincenzo.
Oggi è una meraviglia entrare, un piacere prolungato stare in poltrona e girare gli occhi sull' universo dipinto, un godimento intenso ascoltare la musica dal vivo in un tempio rinato. Si era giunti sull'orlo di quel precipizio, che in altri non pochi casi ha inghiottito molte chiese e conventi e molti beni culturali, che in Italia tanto abbondano sempre e comunque tanto che vengono lasciati cinicamente deperire. Ma il miracolo è stato compiuto. Grazie, Musica. Brava, Piacenza.
La storia
La chiesa di S. Vincenzo Martire ha una storia molto antica, che ha interessato l' area urbane circostante fino al Seminario vescovile. Fu fondata agli inizi del sec. XII ed era citata nelle cronache degli anni 1123, 1132 e 1145, fino ad essere menzionata nel rogito di Azone da Vigoleno del 17 dicembre 1219; nel 1278 da Giovanni Bussio, canonico della cattedrale, riscattò la "rovinosa e povera chiesa" sopravvissuta come commenda, ottenendone il pieno dominio, e la ricostruì con l'ingresso verso ponente; fu posta sotto il patronato dei nobili Porta. Entrambe le versioni della chiesa antica avevano l'abside rivolta a est, secondo la tradizione medioevale, e quindi avevano il fianco parallelo alla strada antistante denominata di S. Salvatore, oggi via G. B. Scalabrini.
La chiesa nel suo aspetto attuale fu iniziata nel 1595 dai Teatini di Piacenza, essendo rettore il napoletano padre Salvatore Cesarano, su progetto del teatino napoletano Pietro Caracciolo, ancora piuttosto giovane, che negli anni precedenti aveva avuto un ruolo determinante nella progettazione della ricostruzione della basilica teatina di S. Paolo Maggiore di Napoli, iniziata nel 1581 e consacrata nel 1603; aveva collaborato con l'altro celebre architetto teatino Francesco Grimaldi, che soprintese alla chiesa principale di S. Andrea della Valle a Roma.
Il progetto del Caracciolo, come è stato indicato da Bruno Adorni nel 1986 e poi recentemente evidenziato da Anna Coccioli Mastroviti, fu utilizzato anche nella ricostruzione della chiesa teatina di S. Cristina di Parma, incoraggiata nel 1649 dalla duchessa Margherita Aldobrandini
La chiesa teatina di Piacenza fu consacrata dal vescovo Claudio Rangoni nel 1612, proprio nel luogo dove esisteva la duecentesca chiesa di S. Vincenzo, ancora in attività e adiacente al secondo chiostro di S. Antonino. Il 29 giugno 1612 si aprì per la prima volta il "nuovo assai magnifico Tempio de' Clerici Regolari Teatini" e il vescovo Rangoni, come racconta Cristoforo Poggiali citando la cronaca del coevo Alessandro Passori, "levò il Santissimo dalla Chiesa vecchia, et processionalmente lo portò nella Chiesa nuova, et vi disse la prima Messa con gran concorso di tutta la Cità, essendoli venuto il Consiglio, li Dottori, li Medici, et altra Nobiltà, con bellissimo apparato sì nella Chiesa come nelle strade".
Nel disegno progettuale pubblicato da Adorni si notato i due chiostri: quello minore sul fianco della chiesa nel centro della casa di abitazione dei padri (ora sede di uffici comunali) e quello maggiore adiacente al coro della chiesa, con l'oratorio del Collegio dei Mercanti sul lato est e il refettorio sul lato ovest.
Sulla via di S. Salvatore, che era la seconda via Romea parallela all'altra da Porta S. Lazzaro a via Borghetto, sorgevano già altri complessi conventuali con chiese: S. Maria della Pace (1589) benedettino, S. Stefano concesso ai Barnabiti pochi anni prima per la cura degli orfanelli, S. Maria della Neve (1492) pure benedettino, S. Anna (1334) dei Servi di Maria. la chiesa parrocchiale di S. Paolo (del sec. IX, con facciata ricostruita nel 1686 e interno abbellito negli anni successivi). La chiesa di S. Vincenzo però risulta la più grande e la più artisticamente dotata.
Dunque le vicende della chiesa di S. Vincenzo sono collegate all'insediamento dei Chierici Regolari Teatini, chiamati dal teatino Paolo Burali d'Arezzo, discendente della nobile famiglia trasferitasi a Napoli al seguito del re Ladislao d'Angiò, laureato in giurisprudenza a Bologna, avvocato del foro napoletano e ambasciatore di Filippo II, che entrò nell'Ordine teatino a 46 anni; fu vescovo di Piacenza tra il 1568 e il 1576 e poi cardinale di Napoli. Fervente fautore della controriforma cattolica, volle chiamare a Piacenza nel 1571 i Chierici Regolari, dopo aver ottenuto il consenso del duca Ottavio e del card. Alessandro Farnese, che era protettore dell'Ordine dei Gesuiti e stava costruendo la chiesa del Gesù a Roma. Egli soppresse l'antica parrocchia di S. Vincenzo, ripartendo la cura delle anime tra le parrocchie adiacenti e attribuendo tutte le rendite ai Teatini, che si stabilirono nelle case circostanti alla chiesa avuta in dono.
Per qualificare al massimo il nuovo insediamento il vescovo Burali aveva chiamato Andrea Avellino, che aveva appena diretto la casa teatina di Milano voluta dal card. Carlo Borromeo, e, tra gli altri, due confratelli dottissimi in lettere antiche e in teologia, il romano Giovanni Battista Vivaldo e Giuseppe Barbuglia coltissimo, devoto e umile, poi rettore della Casa di Napoli.
Anche il vescovo Claudio Rangoni (della famiglia dei marchesi di Roccabianca e Zibelllo), vescovo di Piacenza dal 1597 al 1619, ebbe stretti rapporti con l'arcivescovo di Milano, il card. Federico Borromeo. Come si era compiuta la strettissima amicizia tra il cardinale Carlo Borromeo e il cardinale teatino Beato Paolo Burali in nome della piena osservanza dei dettami del Concilio di Trento, così vent'anni dopo si stabiliva un rapporto preferenziale tra i due prelati piacentino e milanese per l'attuazione della radicale riforma postconciliare.
Per questo l' attività del vescovo Rangoni è di assoluto rilievo: l'incentivazione estrema del culto della Madonna (a Piacenza fu istituito il caratteristico culto della Madonna del Popolo in Duomo nel 1612), l'importazione massiccia e acritica di numerose reliquie di santi, a cui poi venivano dedicati nuove chiese e nuovi altari con rispettive opere di iconografia artistica, l'insediamento delle Cappuccine, Ordine delle Clarisse fortemente appoggiato da San Carlo e quindi favorito dal vescovo Rangoni, prima nei locali del Seminario e poi nel 1614 nella chiesa e nel convento di S. Carlo, canonizzato con grande enfasi quattro anni prima; l'inaugurazione nel 1612 della nuova chiesa di S. Vincenzo dei Teatini, Congregazione che diede un fondamentale contributo alla controriforma e si distinse nell'assistenza alla popolazione durante la micidiale peste del 1630.
I Teatini di S. Vincenzo ebbero un ruolo primario anche nelle origini del Seminario vescovile, poichè i primi 24 chierici riuniti dal vescovo Burali nel 1569 per una accurata formazione erano ospitati nel palazzo Marazzani già Rossi proprio davanti alla chiesa di S. Vincenzo; poi egli fece costruire un apposito edificio sull'area dove esistevano case di proprietà della chiesa di S. Vincenzo, che fu poi ampliato dai vescovi Alessandro Cristiani e Gregorio Cerati benedettino, a cui si deve il palazzo del Seminario nella condizione attuale.
L'attività dei teatini a Piacenza fu ininterrotta fino al 1810, quando il convento fu soppresso per il numero dei confratelli esiguo rispetto alle enormi risorse e agli spazi; i beni e la chiesa furono requisiti e confluirono, insieme a quelli di altri trentacinque conventi, nel demanio statale, ma nel 1819 furono messi all'asta e acquistati da un privato per passare l'anno seguente nel possesso di Gaetano Lanati, canonico di S. Antonino, che nel 1822 ottenne dalla duchessa Maria Luigia l'autorizzazione a riaprire al culto la chiesa, come ricorda Fausto Fiorentini. Dopo la morte del canonico Lanati, mons. Domenico Cigala Fulgosi, prevosto di S. Antonino e protonotario apostolico, acquistò dal demanio pubblico anche il convento, lo risanò e vi chiamò i Fratelli delle Scuole Cristiane, di cui fu benefattore, che iniziarono la loro attività educativa nel 1843.
Il successo di questo istituto formativo richiese, a discapito dell'edificio originario, notevoli ampliamenti, che iniziarono nel 1912 con la costruzione del complesso allineato sulla via S. Vincenzo e si conclusero con il corpo verso via G. Landi, entrambi pervenuti nelle forme attuali, pur con modifiche successive negli anni Trenta. La florida attività educativa dei Fratelli delle Scuole Cristiane cessò nel 1972 (ultimo direttore del Collegio San Vincenzo Fratel Candido Saracco presente, il 16 dicembre 2009 alla riapertura dopo 37 anni) e poco dopo tutto il complesso fu acquistato dal Comune di Piacenza, che dopo trent'anni di oblio, in soli due anni di lavori di risanamento e restauro e di adeguamento funzionale, ha fatto rivivere la chiesa, nobilitata ad auditorium musicale con attrezzature tecnologiche d'avanguardia, conviventi rispettosamente con lo spazio monumentale.
Con l'aiuto della Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Comune ha inserito la Scuola Media "G. Nicolini" a indirizzo musicale nel corpo sud, molto ben recuperato, e ha iniziato il recupero dell'ala su via S. Vincenzo, già adibita a Scuola e Collegio. Anche per tutto questo apparato si annuncia un futuro decoroso e promettente.
I Teatini
L'Ordine dei Chierici Regolari, fondato da Gaetano di Thiene e dal card. Giovanni Pietro Carafa, poi papa Paolo IV (1555-1559), si ispirava al rispristino della regola primitiva della vita apostolica, cioè la fraternità tra preti riformati e sottoposti direttamente al pontefice, osservando i tre voti di povertà, castità e obbedienza; fu riconosciuto dal papa Clemente VII nel 1524.
L'Ordine, prese anche il nome di Teatino, che deriva dal nome latino di Chieti (Teate), in omaggio al cofondatore e primo preposito dell'Ordine card. Carafa, vescovo di Chieti. Le attività principali dei Chierici Regolari erano l'assistenza agli ammalati e lo studio; essendo di diritto pontificio come i Canoninici Regolari Lateranensi, essi godevano degli stessi privilegi. Nei decenni successivi l'Ordine si espanse in diverse case fondate a Verona e a Napoli, appoggiato dai vescovi, che vedevano in esso uno dei principali strumenti di reazione alla riforma protestante, e successivamente nelle capitali dei principali stati europei. La formazione dei missionari del Collegio di Propaganda Fide, tenuto dai gesuiti per la diffusione della fede nei paesi esteri, fu assegnata ai Teatini nel 1627 dal papa Urbano VIII Barberini, che aveva beatificato Andrea Avellino nel 1624 e Gaetano di Thiene nel 1629, proclamati santi rispettivamente nel 1712 e nel 1671. Il card. Maffeo Barberini, poi Urbano VIII, aveva realizzato la prima cappella sinistra della basilica teatina di Roma.
Dunque la grande espansione dei Teatini in Italia e all'estero avvenne nel secolo XVII e la loro considerazione nel settore dell'educazione era ancora molto alta nel secolo successivo, tanto che quando furono cacciati dal ducato di Parma e Piacenza nel 1768 i Gesuiti, che avevano detenuto per due secoli l'esclusiva dell'istruzione media e superiore dei ceti elevati e nobiliari, le scuole passarono ai padri Scolopi secondo la drastica riforma scolastica del teatino torinese Antonio Paciaudi, chiamato dal duca Filippo di Borbone come bibliotecario e sostenitore della nuova cultura illuministica. Successivamente l'Ordine dei Chierici Regolari subì una contrazione di attività, per soffrire degli effetti delle cosiddette Leggi Eversive dello Stato Italiano (quella del 7 luglio 1866 e quella del 15 agosto 1867) rispettivamente sulla soppressione degli Ordini e delle Corporazioni religiose e sulla liquidazione dell'Asse ecclesiastico, per cui gli immobili ecclesiastici incamerati dallo Stato vennero poi ceduti ai Comuni e alle Province, pur senza una normativa di tutela dei patrimoni artistici.
Il risorgimento dei Teatini venne promosso dal papa Pio X agli inizi del Novecento, per cui ad essi vennero uniti i Figli della Sacra Famiglia e la Congregazione di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, di recente formazione. Nel 2005 l'Ordine consisteva in 33 Case sparse nel mondo e in 199 membri.
La Casa madre dei Teatini si trova presso la basilica di S. Andrea della Valle a Roma ha una struttura adatta alla nuova tipologia delle chiese imposta dal Concilio di Trento: il grande spazio grande e unico centrale della pianta basilicale per accogliere i fedeli con un imponente altare maggiore per l'esaltazione della celebrazione eucaristica, il canone ripudiato dai protestanti; la grandiosa cupola che distingue lo spazio dei fedeli dal presbiterio con un marcato valore simbolico ascensionale, più che con una funzione illuminante. Il modello teatino è conseguente alla chiesa del Gesù, progettata dal Vignola e consacrata nel 1584; la basilica di S. Andrea della Valle fu progettata dal teatino Francesco Grimaldi, fu iniziata da Giacomo della Porta (che era subentrato al Vignola nella chiesa del Gesù) nel 1591 e terminata da Carlo Maderno nel 1623; la variante maggiore è la presenza del transetto di ridotta dimensione. La cupola, realizzata da Carlo Maderno, è seconda per altezza solo a quella di S. Pietro e presenta la prima straordinaria opera barocca per mano di Giovanni Lanfranco, la Gloria del Paradiso, un turbine interminabile di figure in movimento su tre livelli, che occupano oltre gli 600 metri quadrati; da questa opera per i Teatini prenderanno le mosse il Trionfo delle D. Provvidenza di Pietro da Cortona in Palazzo Barberini (1633-1639) e il Triofo del nome di Gesù del Gaulli detto il Baciccia (1674-1679), le opere fondamentali di Roma barocca. Giovanni Lanfranco era stato servitore del march. Orazio Scotti di Montalbo piacentino, che scoprì in lui il talento artistico e sostenne la sua prima formazione a Parma presso Agostino Carracci e poi a Bologna; con quell'affresco egli aprì le volte e le cupole architettoniche verso i cieli popolati di angeli e di santi.
Nel transetto di S. Andrea è dedicata una cappella a S. Andrea Avellino, uno dei primo santi dell'Ordine, dipinta dallo stesso Lanfranco e raffigurante la morte del santo durante la celebrazione della messa. Negli stessi anni il Domenichino, altro allievo dei Carracci e compagno di Guido Reni e di Francesco Albani, aveva dipinto i quattro evangelisti nei pennacchi sottostanti alla cupola.