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Mercoledì 16 Giugno 2010 - Libertà

San Protaso, nel 1828 il contratto per l'organo

La realizzazione ai fratelli Serassi di Bergamo

La splendida architettura della ex Chiesa di S. Margherita - un tempo corredata con un organo Gervasi del 1780 — locale oggi di proprietà della Fondazione di Piacenza e Vigevano, è stata sede nello scorso gennaio, d'un simposio per la presentazione di un volume sull'attività dei fratelli Serassi sul nostro territorio piacentino.
Il libro è stato presentato e commentato dall'esimio prof. Francesco Bussi il quale, illustrando i pregi e la bontà delle relazioni, ha però fatto notare la mancanza di un indice onomastico - e noi aggiungiamo - anche toponomastico, per un'agevole e veloce consultazione da parte del lettore, che comunque non toglie nulla alla completezza degli elaborati. Ci sia consentito associare i nostri apprezzamenti per la pregevole ed interessante pubblicazione.
Tuttavia, come avrebbe evidenziato il compianto dott. Mischiati, vi sono alcune disattenzioni, che ci sembra doveroso evidenziare.
Ad esempio nel primo elaborato, non è stato menzionato l'organo di Carlo Serassi del 1818 op. 365 che un tempo era in San Savino, prima che i fratelli Lingiardi nel 1863 fabbricassero un loro nuovo strumento, sul quale peraltro è stato pubblicato un nostro piccolo saggio di 56 pagine, mentre nel libro di riferimento adottato e più volte citato, ossia quello del Filipazzi, lo cita a pag. 112.
La seconda "svista", riguarda l'organo che era in San Pietro (1841), dove si enuncia una disposizione fonica tardiva, già allora modificata, pur avendo la possibilità di copiare quella originale del 1871, vergata dall'organaro Antonio Sangalli per ordine del Comune di Piacenza. La suddetta disposizione fonica si trova a pag. 114 - 115 sul volume riguardante lo storico organo Sangalli di Pontedellolio, promosso dalla sopra citata Fondazione, risultato delle nostre personali ricerche.
Leggendo poi per quello di San Protaso, un Serassi del 1829/30, con molta semplicità viene semplicemente collocato in San Francesco nel 1842 senza nessun commento in merito.
Da parte nostra, già da tempo, volevamo capire la storia di quest'ultimo strumento, anche se ci era stato riferito, dal compianto parroco mons. Boiardi che non esisteva più una documentazione d'archivio. Ma si sbagliava, poichè c'è sempre qualche documento negli archivi, basta solo saperlo cercare.
Qualche mese fa, la nostra costanza con un pizzico di fortuna è stata finalmente premiata con il ritrovamento e la scoperta del contratto originale stipulato con scrittura privata (quindi senza atto notarile), tra la Fabbriceria di San Protaso, il prevosto Vincenzo Salvetti e Ferdinando Serassi il 9 dicembre 1828. Sono quattro facciate manoscritte recanti il bollo legale di trenta centesimi in moneta di Parma. E' un documento prezioso e di notevole interesse che svela finalmente agli studiosi informazioni sino ad oggi inedite, poichè i Serassi s'obbligavano a " (...) Ricostrurre ed rinnovare, ed accrescere l'organo della sudfa Chiesa di S. Protaso di questa Città, in modo che dopo ultimato abbia a risultare un'opera della qualità, grandezza e numero dè Registri come viene a piedi della presente descritto (...) ". Si trattava pertanto d'un ampliamento dello strumento, con l'utilizzo del materiale fonico esistente, soluzione adottata soprattutto per contenere i costi.
Sappiamo inoltre, che l'organo antico esistente in San Protaso, fu costruito prima del 1686, e la sua manutenzione ordinaria nel corso dei secoli successivi era stata affidata a diversi organari quali il Grasselli, Marmiroli, Sacchi, Bianchi. Pur omettendo Giovanni e Pietro Cavalletti, notiamo un intervento di restauro consistente nel 1759 ad opera dell'organaro lombardo Antonio Chiesa già attivo nella nostra città. In seguito, dai primi anni del 1800 la manutenzione ordinaria, proseguirà con un altro interessante organaro in ambito piacentino da non minimizzare, quale fu Pietro Chiesa.
I Serassi conservarono i 14 registri del vecchio organo e ne costruirono altri 17 nuovi, ma il vecchio strumento — e questa è un'altra sorpresa - era fornito d'un secondo organo per i registri ad ancia quali i Tromboni, Oboe, il Fagotto che furono omessi dai Serassi "poiché il secondo Organetto non serve che d'imbroglio e di confusione alla regolare disposizione dell'Organo grande".
Il progetto inoltre prevedeva l'organo sulla base di 8' piedi con un Principale di 16' piedi, arrivando nelle mutazioni sino alla Trigesima sesta, con due Cornetti, Viola bassi, Flauto in XII, Flazoletto bassi, Campanini, Tamburo all'ultimo pedale oltre ai registri ad ancia di fattura serassiana. Il somiere a vento con borsini, cinque mantici, Terza mano, ed il Tiratutto da "tirar tutti a cadaun registro".
La tastiera antica, nel vecchio organo era di 50 tasti, ora in ebano ed avorio, sarebbe stata prolungata nell'acuto di due tasti - eseguita gratuitamente dai Serassi - cambiando in 52 tasti: 20 canne per i bassi e 32 canne per i soprani, questa era la divisione fra i Bassi ed i Soprani della tastiera.
Nuove sfumature ci riserva questo prezioso manoscritto riguardanti alcuni dettagli, il costo ed altre condizioni esclusive.
L'opera finita che i fratelli Serassi s'impegnavano a consegnare alla Fabbriceria di San Protaso, avrebbe avuto un costo di lire nuove di Parma L. 3500 pagabili in quattro rate eguali, di cui l'ultima un anno dopo terminato il lavoro. Alla fine, con le spese accessorie, però si sorpassarono le 4300 lire.
Nel 1828 l'Italia non era ancora unita sotto un unico regno, e pertanto trasferire le merci, comportava il pagamento del Dazio fra i vari Stati, un balzello che poteva far aumentare il costo del manufatto, come pure l'alloggio ed il cibo per gli organari ed i loro operai al seguito, ed infine il levamantici, utilizzato durante il rimontaggio in loco dello strumento, tutte spese a carico del Committente.
Un'altra curiosa osservazione, riguarda l'impiego di due artigiani: cioè il muratore ed il falegname. Poiché il settecentesco ed antico strumento, presentava una facciata a più campi (sicuramente con organetti morti), ed i Serassi avrebbero invece costruito la facciata in un sol campo, l'utilizzo di tali maestranze sarebbe stata a carico del committente. I lavori infatti, riguardarono solamente la cassa che avrebbe ospitato l'organo, e non la cantoria poichè in San Protaso era in mattoni simile a quella di San Giovanni in Canale, le uniche due nella nostra città aventi tali caratteristiche.
Infine, nell'ultimo paragrafo del contratto, i Serassi s'impegnarono a consegnare l'opera entro il 1830, mentre la Fabbriceria era vincolata a lasciare il nuovo strumento a Garanzia dei fratelli Serassi sino all'estinzione del pagamento, e, nel caso in cui vi fossero stati ritardi nei pagamenti, la ditta avrebbe applicato alla somma non pagata in ritardo, l'onere e gli interessi legali del 5%.
Anche padre David da Bergamo, celebre organista ed amico dei Serassi s'interessò per questo strumento di San Protaso, consigliando i Fabbricieri e gli artefici.
Il parroco don Vincenzo Salvetti, in seguito alle vicende che decretavano la chiusura della parrocchiale di San Protaso, dopo aver fatto trasportare il 19 marzo del 1842 in S. Francesco lo strumento dall'organaro Cesare Gianfrè, desiderò nuovamente avere dai Serassi, tramite il loro procuratore Attilio Mangilli, un progetto (15 luglio 1842) per un nuovo grandioso organo di ben 43 registri, da ultimarsi entro il 1844.
La mancanza costante dei fondi necessari e le ingenti spese per il restauro della basilica, soggetta a diverse requisizioni militari, fecero venir meno questo suo desiderio. Proposito nato dalla constatazione che nell'austera chiesa, l'organo Serassi si dimostrava insufficiente fonicamente, considerando la vastità dell'edificio.
Nel secolo scorso, il nuovo strumento, costruito dai Tamburini nel 1942 conserva, nonostante gli interventi del Gianfrè e Ferranti, oltre al somiere maggiore, materiale fonico originario sia del Serassi che del precedente organo, ma a questo punto, solamente un attendibile restauro con l'inventario del sopraindicato materiale fonico,. potrà sciogliere ogni dubbio in merito al canneggio antico.
Lo strumento, non dimentichiamolo fu ideato per produrre una maggiore potenza fonica, e secondo i nuovi dettami dell'organaria in voga in quel preciso periodo storico. Oggi, sarebbe improponibile e costosissimo riportare lo "status quo" ante 1942.
Si potrebbe pensare utopisticamente, - ma è una nostra personale provocazione, - all'idea d'innovazione, allargando gli orizzonti organari verso l'Europa: vi sono famosi organari d'oltralpe che sarebbero in grado di valorizzare al meglio l'estetica, la fonica e la potenza d'un nuovo strumento meccanico in una basilica austera come quella di S. Francesco, anche con soli venti registri reali.
Se ben ricordiamo, col sorgere del nuovo secolo XX lo si fece in cattedrale volendo la modernità e l'innovazione, col nuovo organo Tamburini a discapito di un rinomato Serassi del 1818 che si sarebbe dovuto conservare e tutelare.
Per ora contentiamoci d'ascoltare questo strumento, legato fonicamente alla riforma ceciliana, accompagnare il canto durante le funzioni religiose, più che decorosamente, in attesa d'un nuovo modo d'intendere, aperto ai rinnovamenti, progressi e "svecchiamenti", nella progettazione e costruzione di nuovi organi sul territorio piacentino. Del resto nel 1830 i Serassi, furono per i piacentini "organari stranieri"...

MARIO ACQUABONA - Studioso d'organaria piacentina

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