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Domenica 30 Maggio 2010 - Libertà

Inkinen, dal folklore ai poemi sinfonici

Applausi per la chiusura della Concertistica al Municipale con la Toscanini

La Stagione concertistica 2009/2010 curata dalla Fondazione Arturo Toscanini si è conclusa l'altra sera con una giovane "bacchetta" che ha omaggiato il Novecento. O, per lo meno, una parte del secolo scorso (anche se sembra ieri).
Il maestro Pietari Inkinen è giovane ma sa il fatto suo e lo ha dimostrato guidando la Filarmonica Arturo Toscanini - la formazione che per tanti mesi, ormai alcuni anni, ha tenuto compagnia agli abbonati e non della Sinfonica - attraverso alcune pagine di Bartók e Respighi.
«Non sono mai riuscito, nel corso della mia lunga vita, a condividere con Béla Bartók il suo gusto per le radici della sua tradizione musicale»: queste parole, pronunciate da Igor Stravinskij nel 1959, rendono bene l'idea di quanti e quali sfaccettature abbia avuto la musica del Novecento. Un universo sovente di non immediata comprensione, in cui il compositore e pianista (che fu anche etnomusicologo) ungherese occupa un posto di rilievo, soprattutto nello studio e nella riproposta della musica popolare, in particolare in quella dell'Europa orientale e del Medio Oriente.
Caratteristiche, queste ultime, che hanno riecheggiato dapprima nella Musica per archi, percussione e celesta e successivamente nella Suite da concerto op. 19 Il mandarino meraviglioso. Entrambe, come ci aveva anticipato nel corso dell'intervista a Libertà, sono state enfatizzate dalla direzione di Pietari Inkinen, che ha lasciato trapelare un'ammirazione particolare per Bartók. E nonostante il "distacco" di Stravinskij e di altri esponenti della cultura musicale a lui contemporanea, anche solo ascoltando le due opere proposte in scaletta al Municipale si percepiva chiaramente quanto il primo merito del compositore ungherese sia stato quello di rendere il folklore musicale qualcosa di "alto", facendo fluire al suo interno correnti modernistiche che sarebbe troppo sbrigativo non registrare come intrinseche all'epoca e agli eventi storico-politici che hanno portato a ben due Conflitti mondiali nella prima parte del Novecento. Il tutto, tra sfumature e coloriture evocative e sperimentazioni che se da un lato non tradiscono le origini melodico-gitane dall'altro si basano su un robusto innesto armonico, capace altresì di osare sperimentazioni del tutto inconsuete per l'epoca. Questo per dire che lo sforzo visibile della direzione e soprattutto dell'esecuzione della Filarmonica Arturo Toscanini, nella prima parte della serata, è chiaramente giustificabile.
Più rilassato il secondo tempo del concerto, merito forse delle celebri melodie, a noi più familiari, dei Pini di Roma e delle Fontane di Roma di Ottorino Respighi. Due poemi sinfonici per orchestra, parte della "Trilogia romana" dell'autore (che include anche le Feste romane), che per loro natura e forma sviluppano musicalmente un'idea poetica. In questo caso, ispirata da luoghi che tutti noi conosciamo e che le melodie di Respighi ben declamano, con lo stile e il gusto della sua sapienza, non solo compositiva bensì musicologica, fino a rimanere impressi nella memoria. Due pietre miliari, con le quali la Toscanini ha dimostrato di essere in sintonia, così come il direttore d'orchestra Inkinen, che ha ammesso di conoscere e di aver già diretto sovente, anche all'estero, le opere in questione.
Un finale tutto italiano, dunque, per la Concertistica piacentina di quest'anno.

ELEONORA BAGAROTTI

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