Venerdì 21 Maggio 2010 - Libertà
«Alzheimer, serve attenzione»
Fiorenzuola, all'istituto Verani 20 i posti: il paziente e la sua storia sempre al centro. La dirigenza: «In futuro sono a rischio gli standard qualitativi attuali»
fiorenzuola - Gli anziani che soffrono di demenza in Europa sono 7 milioni e mezzo contro i 6 e mezzo stimati 10 anni fa. In Italia i malati di Alzheimer (la causa principale delle demenze) sono 1 milione: il 3% sono sotto i 65 anni; il 10% nella fascia dei 70, il 30% nella fascia degli 80 anni, il restante negli ultra90enni. La sfida che questa malattia pone riguarda anche il nostro territorio: oltre 25 mila residenti nel distretto di Levante (un quarto della popolazione) sono di età superiore ai 65 anni. Gli over 75 sono 15 mila, praticamente l'intera città di Fiorenzuola. D'altra parte i servizi pubblici sono pochi. A sostenere le famiglie che hanno in casa un anziano con gravi disturbi comportamentali, c'è l'associazione Alzheimer (presieduta a livello locale da Andrea Gelati) che ha promosso di recente una giornata di riflessione (a cui hanno partecipato operatori e familiari) insieme alla Fondazione Verani Lucca, presieduta da Francesco Boscarelli. Il Verani conta infatti l'unico centro diurno specialistico per demenze del territorio valdardese, con 20 posti convenzionati con l'Ausl. Un centro che collabora con il Consultorio Ausl per le malattie cognitive di Piacenza, guidato dal dottor Lucio Luchetti.
Come spiegato dalla direttrice del Verani, Claudia Ghisoni, al centro specialistico il rapporto operatore-paziente è di 1 a 2. In casa protetta (dove alcuni utenti sono affetti da demenza) c'è un operatore ogni 6 utenti. Numeri che garantiscono un'eccellenza. E nel caso dei disturbi comportamentali l'attenzione personale al paziente è molto importante, anche sul fronte della terapia. Ma il futuro è incerto. Per almeno due ragioni. La prima, di carattere generale, sarà l'aumento delle persone affette da demenze, legato al fatto che oggi si vive sempre più a lungo. La seconda è legata ai processi di accreditamento delle strutture socio sanitarie, che la Regione ha avviato sul territorio. «Non possiamo nasconderci - ha detto la Ghisoni - che nel nostro caso gli standard qualitativi attuali potrebbero non essere più garantiti».
Eppure la vicinanza al malato è importante, per evitare il burn out (l'esaurimento di chi lo assiste) e per migliorare la cura. La terapia farmacologia infatti presenta dei limiti. Benché la ricerca stia cercando di capire cosa poter fare sul fronte della profilassi e su quello dell'arresto della malattia, a tutt'oggi i farmaci non guariscono la demenza, ma semplicemente ne riducono gli effetti. Ma tanto, oltre alle medicine, lo possono fare i comportamenti di chi è vicino al malato che - si è detto nel convegno - reagisce all'ambiente: recepisce ad esempio, lo stress di chi gli sta attorno. Il malato deve inoltre essere aiutato a mantenere le sue abitudini. La sua storia personale va conosciuta». Se un ricoverato malato di Alzheimer si sveglia in piena notte, perché durante la sua vita professionale faceva il fornaio, non glielo si può rimproverare. Gli operatori del Verani lo sanno bene, come lo sanno i medici: Damiano Villani, geriatra molto vicino ai pazienti e alle loro famiglie, e Mauro Bonomini, direttore sanitario del Verani. I medici e operatori locali si sono confrontati durante il convegno con alcuni esperti, come Orso Bugiani, primario di neuropatologia all'istituto Besta di Milano, Mariarosa Liscio, responsabile dell'area psicologica della Federazione Alzheimer Italia, e la psicologa Monica Recla.
Donata Meneghelli