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Venerdì 12 Febbraio 2010 - Libertà

I celebri imbrogli dei falsari del passato

Presentato il libro curato da Ezio Barbieri: citato anche un caso piacentino

I motivi per cui nei secoli falsari più o meno abili hanno inventato di sana pianta presunti documenti del passato sono i più vari: per sostenere rivendicazioni politiche; per difendere privilegi riconosciuti ma minacciati; per l'orgoglio di dimostrarsi capaci di riprodurre antiche carte; per la vanità di casati nobiliari desiderosi di far risalire i capostipiti molto all'indietro nel tempo; per alimentare il mercato del collezionismo.
Di questo tema e di celebri imbrogli fabbricati ad arte si è parlato all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in occasione della presentazione del libro Falsi e falsari. Documenti dai Merovingi all'Ottocento di Arthur Giry, a cura di Ezio Barbieri (Bonanno editore). Quest'ultimo è intervenuto all'incontro, che è stato introdotto da Vittorio Anelli, direttore del Bollettino storico piacentino, e ha visto un'articolata relazione dell'archivista Anna Riva, la quale è partita dalle pagine del volume per raccontare vicende più vicine a noi, tracciando un ritratto del notaio piacentino Domenico Massari, vissuto nel Settecento e finito nel mirino dello storico Ludovico Antonio Muratori.
In una lettera inviata al marchese Ubertino Landi conservata in una copia di mano di Cristoforo Poggiali alla biblioteca "Passerini Landi" (segnalata dal conservatore del Fondo antico, Massimo Baucia), l'erudito modenese non lesina accuse al Massari, definito un "impostore" in relazione ai diplomi che accompagnavano un'opera a stampa sulla genealogia della famiglia Barattieri e che invece il notaio stesso avrebbe provveduto a elaborare.
«In questo caso - ha osservato Riva - l'intenzione, più che fraudolenta, era di esaltare un casato comunque prestigioso che dall'operazione non avrà ottenuto chissà quali vantaggi». Riva ora indagherà meglio sull'operato del professionista, la cui attività di archivista era richiesta all'epoca dalle famiglie piacentine più in vista. Il libro di Barbieri comprende la traduzione di due capitoli del fondamentale Manuale di diplomatica del Giry uscito nel 1894: sulla storia della disciplina prima e dopo la svolta determinata dagli studi del monaco benedettino Jean Mabillon e più specificatamente sui falsi, con carte esplicative della geografia di un fenomeno contro il quale Giry si scagliava per le sue gravi implicazioni non solo scientifiche, ma morali. Barbieri amplia lo sguardo ad eclatanti vicende italiane, come quella ispiratrice del romanzo di Leonardo Sciascia Il consiglio d'Egitto, diventato anche un film. Un fatto realmente accaduto, legato allo scontro tra il re di Napoli e i baroni siciliani, sul quale ebbero un peso i documenti redatti da Giuseppe Vella, che lui sosteneva di aver semplicemente trovato e tradotto. In chiusura, Anelli ha richiamato tutti, compresi gli studiosi di storia locale, a evitare il "feticismo" del documento, i cui rischi sono messi ben in luce dalla lettura del libro di Giry-Barbieri.

An. Ans.

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