Giovedì 4 Febbraio 2010 - Libertà
Ex convento di Santa Chiara
Bene monumentale. Sta cadendo a pezzi, ma un'ala è ancora occupata dal Pio Ritiro. Pronti: una sfida per gli architetti. Le incognite sul futuro
L'ex convento di Santa Chiara sullo Stradone Farnese, annesso alla chiesa che porta lo stesso nome, è una "città" fantasma dentro la città. Abitata soltanto da quattro gentili signore in età, protette da un vincolo che risale a Maria Luigia d'Austria e consente loro di continuare a vivere qui, circondate dal nulla, e che estende peraltro al 2065 la disponibilità di tali spazi per donne in stato di disagio.
Questo è il primo nodo. Il secondo nodo è di carattere urbanistico e investe la destinazione d'uso futuribile. I parlamentari piacentini si stanno adoperando al fine di rimuovere questo ostacolo con un nuovo disegno di legge che faccia in sostanza traslocare il vincolo su un altro immobile. Si sperava di poterne discutere già a gennaio, ma la faccenda è slittata.
Santa Chiara. Una fabbricato talmente esteso e talmente elegante nell'articolazione degli spazi, da suscitare - insieme alle aspettative di rinascita - anche (fondati) timori sul suo futuro.
Carlo Pronti, per anni segretario dell'Ipab, ci mostra alcuni scorci di questo "gioiello". Un chiostro bellissimo che cade a pezzi, mura fatiscenti che riportano memorie di tutti i tempi, incluso il secondo conflitto mondiale. E ancora sotterranei enormi - l'Ofi qui si accasò con la sua sala prove per l'orchestra e ancora si vedono gli isolamenti messi in atto per tener raccolto il suono - e ancora spazi conventuali con tanto di rivestimenti lignei e stalli dove è facile - chiudendo gli occhi - immaginare le monache sedute una vicino all'altra. Non è tutto, ecco un'area adibita ad orto e un giardino. Incolto ormai.
L'occasione della presentazione sabato prossimo del volume storico dedicato all'immenso complesso - che affonda le sue origini nel 1229 quando i francescani ne occuparono per primi l'area - accende i riflettori su un bene che rappresenta una sfida per Piacenza non appena sarà pienamente nelle disponibilità della Fondazione di Piacenza e Vigevano che l'ha acquisita dal 2004, dopo che se ne sono andati i Padri Saveriani.
Oggi Santa Chiara cambia di status, ma i problemi restano. L'Ipab è confluita nell'Azienda pubblica servizi alla persona (Asp) "Città di Piacenza", presieduta da Leonardo Mazzoli, a fianco del Vittorio Emanuele e degli Ospizi Civili. E proprio per salutare la fine di una vicenda bicenteneria, si è scelto di pubblicare una documentazione che ripercorra tutte le tappe di questa storia.
L'Asp governa ora la presenza delle rare ospiti - conferma Mazzoli - su contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano. E continuerà a farlo anche qualora si riuscisse a favorire il loro passaggio negli appartamenti già pronti in via Melchiorre Gioia, ristrutturati dalla Fondazione. Intanto si può scavare nel terreno culturale che circonda l'istituzione. Il passato dell'ex convento si legge anche attraverso leggi, cambiamenti di statuto, passaggi di mano. Ci fu persino un utilizzo commerciale di questi spazi - conferma Pronti -, nel Dopoguerra qui trovarono un tetto imprese e ditte commerciali.
Pronti, come molti altri, si augura che al convegno del prossimo sabato arrivino anche architetti ed esperti per cominciare ad interrogarsi sull'area e sui fabbricati: «spero che la presentazione del nostro volume offra un input sull'uso futuro di questo immobile».
Un breve sopralluogo mostra quanto sia impegnativo l'eventuale recupero architettonico. Costi davvero importanti. Forse improponibili. Certo su alcune parti (quelle che non si sono già sbriciolate), i vincoli della Soprintendenza agiranno comunque. E poi ci si chiede se potrà essere salvaguardata una finalità sociale e se l'area verde verrà preservata da future, eventuali trasformazioni. Perché la Fondazione potrebbe decidere di vendere. E allora si aprirebbe la partita più difficile del Ritiro Santa Chiara: oggi oasi abbandonata e domani?
Patrizia Soffientini