Giovedì 7 Gennaio 2010 - Libertà
Scrooge, il noir colpisce ancora
La magia delle ombre di Montecchi affascina sempre
piacenza - Una parabola morale; una storia di fantasmi; un atto di accusa contro l'ipocrisia dell'uomo. Non si sottomette facilmente ad etichette il Canto di Natale scritto da Dickens nel 1843; e non fa eccezione neppure Scrooge, la ballata per attori ed ombre che Fabrizio Montecchi ha tratto dal racconto natalizio, avvalendosi anche delle musiche di Alessandro Nidi, dei testi di Bruno Stori, dei disegni e sagome di Nicoletta Garioni e dei costumi di Evelina Barilli.
Lo spettacolo, che è una produzione di Teatro Gioco Vita e Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti di Parma, è tornato ancora una volta a Piacenza, al Teatro dei Filodrammatici, dopo un brillante debutto nel 2008: un gradito ritorno per i piacentini, che anche stavolta non hanno voluto perdere la storia dell'avaro che per paura si redime e comprende di «poter essere un po' utile all'umanità».
Lo spettacolo guarda ovviamente all'opera di Dickens, ma lo fa con uno sguardo più nuovo e disincantato: gli eccessi moralistici di stampo ottocentesco del racconto sono abbandonati per privilegiare un tono sardonico e canzonatorio, in cui il dramma si mescola alla burla, il raccapriccio sconfina nell'ironia. Ecco allora la narrazione affidata ad un figuro, Marley (impersonato dal bravo Michele Radice), che è un po' Dracula (ma quello di Bela Lugosi) e un po' mattatore: è uno spettro e questo la dice lunga sullo spirito dello spettacolo. Che in effetti si muove continuamente fra realtà e favola, immaginazione e concretezza: gli attori si fanno ombre e le ombre diventano corporee per dare vita alla parabola esistenziale dell'uomo d'affari avido ed arido, «freddo, più freddo del vento del Nord». La redenzione di Scrooge passa attraverso un percorso costruito su atmosfere gotiche e canti natalizi dalle tonalità inquietanti; e inquietanti, ma anche canzonatori, sono i due compagni dell'avventura guidata da Marley, Giuseppe Fraccaro e Candida Nieri, che sembrano usciti da una pellicola di Tim Burton con quadretti da ghost stories che non rinunciano al sorriso (amaro).
Ma lo spettacolo guarda anche a Brecht, nella celebrazione della potenza catartica del teatro, nella rivelazione delle dichiarazioni degli attori che si rivolgono direttamente al pubblico, per guidarlo in una favola metateatrale fatta di ombre in cui gli attori si rivelano per quello che sono, ossia fantasmi che rappresentano la realtà con l'obiettivo di scoprire quel "quid" che agli spettatori è sfuggito.
La vicenda di Dickens, quella dei tre spiriti del Natale che redimono Scrooge (impersonato da un intenso Gino Pacagnella), mostra la sua potenza edificante con accenti nuovi: le ombre di sagome delicate di un passato consegnato ormai alla memoria, quelle corporee del presente, capaci di trasformarsi in un commovente presepe vivente ma anche in un'invettiva contro una giustizia «che non c'è», quelle mostruose e vorticanti di un futuro senza pietà si muovono in una ballata in cui musica, ombre ed attori danno ancora più forza all'a-temporalità e all'universalità del testo.
Betty Paraboschi