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Lunedì 21 Dicembre 2009 - Libertà

Tutti i colori della vita sulle punte

Grande successo al Filodrammatici per "Latino America. Trilogia"

piacenza - Saltellano molleggiati sul palco del Teatro dei Filodrammatici, plastici e "mascherati" da un sorriso allungato come un lifiting. È l'epopea dell'epoca del fitness e di Tarzan del benessere (o presunto tale), la beatificazione dell'elettrodo per potenziare la massa muscolare nella giungla dell'eterna domanda: essere o apparire? Questo è solo uno dei tanti tasselli emotivi, delle caleidoscopiche scariche di tensione e suggestione portate l'altra sera nel teatro di via Santa Franca dalla Compagnia Artemis Danza della regista e coreografa Monica Casadei che ha quindi ufficialmente inaugurato il cartellone Teatro danza della stagione di prosa "Tre per te", diretta da Diego Maj e organizzata da Teatro Gioco Vita con il Comune, il sostegno di Cariparma, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Enìa e il contributo del Ministero per i Beni e la attività culturali e la Regione.
Latino America. Trilogia è una creazione per sei danzatori, naturale approdo di un progetto curato da Artemis Danza sull'incontro con altre culture, attraverso tre viaggi, in Messico (2007), a Cuba (2006) e in Brasile (2005). Lo schema ieratico, sanguigno e carismatico della performance, attraverso due linee, una colorata e una bianca, riesce a comprendere non solo danza ma danza nel senso anche quasi omerico del termine con antropologici riferimenti ad "archetipi e simboli della antiche civiltà mesoamericane che parlano al nostro presente di un collasso imminente" come recita il volantino all'ingresso.
I riferimenti, in questa altalena "ieri e oggi", non appaiono poi così sovradimensionati rispetto alla contemporaneità europea e assumono valore "mitico", con un affondo ancora alla tradizione classica di cui recupera il significato eziologico e la cognizione paradigmatica su esempi che, traslati e animati da una presenza scenica flessibile fin quasi all'esasperazione del gesto, assumono una portata universale. Le marionette teorizzano il proprio gesto in una "affettazione" mancata, si assimilano al proprio sfondo (i video sono di Emanuele Sciannamea) di quel Sud America fatto matericamente di caos, di voci, di luci, colori, gente.
Un carnevale che ritrova la sua cifra carnascialesca nella qualità artistica di Vittorio Colella, Chiara Guglielmi, Erika Melli, Sara Muccioli, Emanuele Sciannamea ed Emanuele Serrecchia, su musiche originali di Luca Vianini, elaborazione musicale di Mauro Casappa, ideazione luci della stessa regista Monica Casadei.
Una parte meditativa, bianca, dove una polvere soffiata anima una ballerina. La polvere cade a terra e sporcherà i pantaloni bianchi degli artisti, pronti a contaminarsi quindi con il suolo, con la terra, con la Madre Terra che è emblema della passionalità di quell'"altrove". Deserti, ombre, spari, sussulti, screpitii: le mani si tendono per trattenersi ancora un po'. Ma quei corpi non si toccano quasi mai, restano a muoversi all'unisono e quasi mai si guardano, lo sguardo è fisso talvolta allucinato, gli occhi sono lancette di un orologio che scandisce il tempo frenetico del mondo, con le sue contrapposizioni, i suoi deliri, i suoi paradossi.
Difficile incrociare spettacoli tanto completi: irrompe un momento toccante, quando, su tinta bianca e nera, una donna si avvolge in un velo che riflette Gesù, quello del Brasile, quello che apre le sue braccia al mondo. Cade il velo, continua quel riflesso. La donna è esile, nuda, sul palco. La creazione umana. La donna, simbolo di capacità feconda, di amore, di genesi. L'altra donna, invece, è sacrificata poco dopo sul tempio del Minotauro, addobbata per la processione: due esempi di religiosità distinte, la religione semplice dell'uomo spogliato di tutto per seguire se stesso e la vocazione divina, e, dall'altro, la religione come superstizione, come timore. Muscoli contratti non negano un effetto naturale: la corporalità impregna il clima, un uomo sputa. E alla fine, parlano lingue (diverse? Ma non è questo forse il punto) sovrapposte e confuse. Senza guardarsi, per carità. In fondo, l'Uomo è quel Tarzan dotato di elettrodi?

Elisa Malacalza

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