Giovedì 26 Novembre 2009 - Libertà
Il trionfo della Maniera fra quadrature e santi
La chiesa seicentesca diventa di proprietà pubblica negli Anni ‘70
(p. s.) Non è facile raccontare in poche parole la suggestione estrema di questo spazio ritrovato, fastoso e denso di quadrature pittoriche che creano quegli effetti illusionistici così cari al manierismo. Solo i ragazzi che frequentavano il convitto vincenziano, prima che chiudesse negli Anni ‘70, ne avevano contezza, ma tutto era così rovinato e malmesso che certo non doveva far una gran bella impressione ai giovani del collegio.
C'è tanto oggi da riscoprire, sotto questa nuova luce smaltata che ha illuminato il San Vincenzo. Nell'ex chiesa, oltre alla sala acustica, perno dell'allestimento nella navata centrale, ecco il coro ligneo perfettamente recuperato, dietro l'altare e sopra la triade di affreschi di Robert De Longe. Poco più avanti, uno studiolo che presumibilmente servirà al maestro Riccardo Muti, e poi ancora la sacrestia, diventata un funzionalissimo foyer candido e particolarmente ampio. Ma i "gioielli" dei Teatini brillano nello sguardo particolare. Per esempio nel maestoso organo Bossi Adeodato del 1875, purtroppo non ancora restaurato, se non per ciò che riguarda la cantoria lignea - spiega Taziano Giannessi, responsabile unico del procedimento - si è cercato uno sponsor, resta da trovarlo. E poi mille particolari, le parti ligenee (curate da Marco Petrali), dove il semplice recupero si sposa a soluzione ingegnose, per esempio il filo di luce che si apre ai piedi della porta d'ingresso. E in questo, il problema maggiore - spiegano i tecnici - è stato quello di rispettare al massimo l'edificio, di non turbarlo con il pur complesso sistema impiantistico.
Ma di tutto potranno rendersi ben conto i piacentini nelle visite guidate previste per le prossime settimane dopo l'inaugurazione e così accostarsi di più alla storia di un edificio che Piacenza ha ritrovato anche grazie «ad un gioco di squadra» sottolinea l'assessore Ignazio Brambati (Lavori Pubblici), che cita l'onorevole Tommaso Foti per il reperimento della prima ondata di fondi.
In quanto alla storia, il San Vincenzo affonda le origini nel 1100, anno della fondazione, poi venne ricostruita nel 1278. Nella seconda metà del Cinquecento è ceduta ai padri Teatini, nel 1595 si inizia la chiesa attuale, consacrata il 29 giugno 1612. Chiusa nel 1810, viene riaperta nel 1822 per iniziativa di privati che nel 1843 cedono l'intero complesso conventuale ai Fratelli delle Scuole Cristiane, infine sarà venduta negli anni ‘70 al Comune di Piacenza.
L'edificio - così riassumono le note storiche - è caratterizzato, soprattutto nella facciata, dall'adozione degli elementi decorativi del linguaggio manierista. La facciata, in laterizio faccia a vista, è a doppio ordine (dorico al piano terreno e ionico in quello superiore) con una cornice marcapiano in aggetto e architrave suddivisa in metope e triglifi. Si aprono ben tre accessi tra i quali si privilegia quello centrale con colonne in aggetto, rispetto ai filo della facciata, sormontate da architrave e da cimasa centinata, spezzata, con al centro due volute con mascherone che regge il simbolo dell'ordine dei Teatini. Nicchie cieche si alternano ad aperture rettilinee coronate da un fastigio triangolare con al centro il motivo del giglio farnesiano.
All'interno, un ciclo ad affresco (1706-12) con opere di Robert De Longe e di Giovan Evangelista Draghi, la volta a botte della navata centrale (1760-61) è affrescata dai lombardi Felice Biella e Federico Ferrario. E poi pitture di Carlo Carasi, Giovanbattista Trotti detto il Malosso, Camillo Gavasetti, Benedetto Marini, Sebastiano Galeotti.