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Venerdì 13 Novembre 2009 - Libertà

Piacenza, città di retrovia

Lo spaccato storico della prima guerra mondiale

piacenza - Preferire un'Italia vinta a una neutrale. Desiderarla, anche, pur di non sentirsi "tagliati fuori" o degradati nel proprio ruolo di potenza politica. I prigionieri? Fatti morire di fame perché considerati indegni di essere aiutati dai governi, una logica tanto cinica quanto pregnante. Orfani obbligati ad elaborare il lutto, osservare il nemico interno, scrutarlo. Affermare che uccidere il figlio del nemico, quello nato da stupri di guerra, sia non solo un diritto della donna ma anche un dovere della patria.
Sono tante le linee che si intrecciano in un dibattito a più voci, teso ad indagare in modo analitico ed esauriente lo spaccato storico della prima guerra mondiale, proposto alle scuole superiori e alla cittadinanza ieri mattina a Palazzo Galli. "Retrovia Piacenza, il fronte interno della prima guerra mondiale" è infatti il titolo della proposta dell'Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea, realizzato con il supporto della Provincia, della Fondazione di Piacenza e Vigevano e di Palazzo Galli, oltre che con la collaborazione dell'Archivio di Stato di Piacenza.
Daniele Ceschin, Eugenio Gentile, Luigi Alibrandi, Elena Paraboschi e Carla Antonini sono stati i relatori che, di fronte ad alcune classi di "Gioia", "Respighi" e "Romagnosi", hanno portato sulla "cattedra" dati, documentazioni fotografiche e diapositive: una carrellata di accenni schematici particolarmente densi di suggestioni e inquadrature storiche che, come uno zoom, hanno mosso la propria inquadratura dal generale al particolare, spostando la "regia" dell'incontro dal livello nazionale e sovranazionale a quello locale.
La guerra e la spinta alla modernità, tra violenza, cultura, costruzione del nemico e, successivamente, il dovere e il debito morale della memoria, la violenza sulle donne con lo stupro come arma di guerra, l'accanimento contro internati e profughi sono i temi macrogenerali affrontati nella prima parte dell'incontro, dove Ceschin ha sottolineato come «in Europa ci fossero oltre 8 milioni e mezzo di prigionieri, circa 600mila in Italia». La trincea diventa «luogo fisico ma anche prigione mentale, per sfuggire alla quale sono state scritte oltre quattro miliardi di lettere», ha proseguito lo storico, precisando come ancora oggi «la paura porti a fuggire, oltre 5mila persone nel mondo fuggono ogni giorno dal proprio Paese».
Piacenza è nodo cruciale dell'evoluzione storica del "mito" della Grande Guerra: una città ospedale con una vita di retrovia, dove «le strutture civili sono trasformate in militari» ha spiegato Carla Antonini, ricordando come ci fossero più di mille profughi sparsi nel piacentino (solo a Pittolo, un nucleo di poche case, se ne contavano 80), un esito della ricerca che la Antonini ha potuto verificare a partire dai fondi dell'Istituto storico e dagli articoli di Libertà del 1917, dove erano spiegate le norme generali di assistenza ai profughi.

Elisa Malacalza

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