Venerdì 20 Novembre 2009 - Libertà
Don Tagliaferri domani in Fondazione col suo nuovo libro: un'analisi sociale in "Il rito risorsa dimenticata dell'umanità"
piacenza - Parla del rito liturgico, della sua importanza nella vita del cristiano cattolico e del suo ruolo nell'integrazione tra le diverse culture, il nuovo libro di don Roberto Tagliaferri che verrà presentato domani alle 17.30 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Il titolo La tazza rotta. Il rito risorsa dimenticata dell'umanità, preso in prestito dalla testimonianza di un capo degli indiani "Digger" contenuta in "Modelli di cultura" di Ruth Benedict, indica la frantumazione di un mondo sempre più sbilanciato sul versante etico ed ideologico a discapito dell'esperienza mistico-religiosa: «In principio Dio diede agli uomini una tazza di argilla, e da questa tazza essi bevvero la vita. Tutti la immersero nell'acqua, ma le loro tazze erano diverse. Ora la nostra è rotta, non c'è più». La citazione, presente nell'introduzione al volume, sta a significare la rottura anche della nostra cultura occidentale dimentica del rito. Don Tagliaferri, docente all'Istituto di Liturgia pastorale Santa Giustina di Padova e già autore di diverse pubblicazioni, con questo libro che, dice «si rivolge ai cattolici credenti ma anche al mondo laico perché il problema del rito attiene alla cultura in genere», sostiene la tesi di Roy A. Rappaport, secondo la quale «il rito è l'atto sociale basilare per l'umanità», paragonandolo ad una performance teatrale tanto più efficace quanto più completa nella trasmissione del suo messaggio attraverso canali diversi dalla parola. «Bisogna svincolare la liturgia dal predominio del testo, della parola - scrive Don Tagliaferri - in nome dell'efficacia della forza numinosa e spirituale, che si esprime nelle emozioni e nei gesti». La riforma liturgica soffrirebbe di "razionalismo", lo stesso che portò Antonin Artaud, invocando il "teatro della crudeltà", a scrivere: «Il problema del teatro deve destare l'attenzione di tutti, essendo sottinteso che il teatro, per la sua componente fisica e perché esige l'espressione nello spazio, la sola effettivamente reale, permette ai mezzi magici dell'arte e della parola di agire organicamente e nella loro totalità, come rinnovati esorcismi. Da tutto questo consegue che non si potranno restituire al teatro i suoi specifici poteri di azione, se prima non gli verrà reso il suo linguaggio». Ma il libro di Don Roberto motiva l'importanza del rito anche affrontando un argomento di grande attualità che è l'integrazione fra i popoli. «Nel conflitto culturale dove vige il paradosso della inevitabile contaminazione tra visioni diverse e della altrettanto inevitabile resistenza all'estraneo, manca, o è almeno carente, il meccanismo "omeostatico" tradizionale, che permetteva il metodico aggiustamento di meccanismi eterogenei, ossia il rito». In parole semplici oggi il rito potrebbe dare vie d'uscita pacifiche alla violenza per evitare conseguenze come l'11 settembre. «La modernità - afferma Don Tagliaferri - si è data strumenti politico-istituzionali, tanto promettenti nelle intenzioni, quanto inefficaci nella realtà». Un libro, come scritto nella postfazione di Massimo Rosati, dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", connotato da uno stile «estremamente proficuo per il lettore, a cavallo tra storia della cultura, antropologia, storia della liturgia e teologia».
Loretta Gregori